Com’è il panorama professionale in Italia, giunti al 2023? Le indagini dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) ci parlano della qualità del lavoro nel nostro Paese. E, per quanto non siano certamente disastrose rispetto al resto d’Europa, comunque non possono scatenare entusiasmi. Sebbene il mercato delle offerte private e la quantità di concorsi pubblici in atto abbiano inaugurato un nuovo anno all’insegna delle opportunità per tutti, restano alcuni problemi di lunga data.

A partire dall’immobilismo nelle carriere professionali che sembra bloccare addirittura il 69% degli occupati italiani, tenendoli puntellati negli stessi ruoli troppo a lungo.

Un fenomeno che registra una vera e propria impennata tra i dipendenti pubblici e tra i giovani dai 18 ai 34 anni (73%). Il problema successivo è quello delle differenze regionali. L’indagine coinvolge 15mila occupati sopra i 17 anni e 5mila imprese sul territorio nazionale. Analizziamo insieme una fotografia molto fedele dell’Italia che lavora

Qualità del lavoro: Italia promossa, ma non del tutto

L’indagine sul panorama europeo svela che l’Italia sta a metà tra realtà con un’elevata qualità del lavoro (Olanda, Finlandia, Germania, Austria, Svizzera) e quelle a fondo classifica. Di queste ultime sono un esempio i paesi dell’Est, in cui vige ancora una scarsa protezione dell’ambiente lavorativo e nel mercato del lavoro in generale. Parola dell’Ocse. Tornando all’Italia, il 24% dei lavoratori italiani pensa che la propria salute sia a rischio sul posto di lavoro, una convinzione sempre più solida man mano che assistiamo al susseguirsi delle tragiche morti bianche.

Notizie che, settimana dopo settimana, confermano quanto vengano sottovalutati ancora oggi gli standard di sicurezza. La preoccupazione di incidenti è più forte nel Mezzogiorno (28% dei lavoratori) e tra i dipendenti pubblici (30%). Sempre in termini di qualità del lavoro, la mancanza di flessibilità incide con forza.

Il 37% dei lavoratori intervistati dichiara di non avere alcuna flessibilità in termini di orario.

Un problema che affligge in particolare le donne (il 42% delle intervistate), in modo particolare le dipendenti nel settore pubblico (il 50%). In ogni caso, la qualità del lavoro registrata non è male, ma persistono le differenze tra Nord e Sud. Le aziende al Centro Nord sono al passo coi tempi, mentre quelle nel Mezzogiorno appaiono più indietro soprattutto nel trattamento di lavoratrici e giovani.

Carriera bloccata: sulla qualità del lavoro incide l’immobilismo, una piaga importante

Il successivo tasto dolente possiamo certamente indovinarlo tutti. L’impossibilità di fare carriera, l’immobilismo in un ruolo lavorativo senza possibilità di crescita. Un male tutto italiano che colpisce addirittura il 69% degli occupati. In particolare, è un cruccio soprattutto per dipendenti pubblici e per i giovani tra i 18 e i 34 anni (il 73% degli intervistati).

Le mansioni, poi, sono divenute così routinarie da non permettere variabilità, occasioni di apprendimento e crescita che il lavoratore possa trasformare in un bagaglio di competenze. Una piaga soprattutto per il Mezzogiorno, dove il 71% dei lavoratori svolte attività ripetitive, soprattutto se impiegati in attività di piccolissime dimensioni.

Lo smart working per il benessere del lavoratore

Per quanto resistano i detrattori dello smart working, prima o poi dovranno cambiare idea. Le misurazioni svelano che, nelle imprese che concedono il lavoro agile e propongono innovazioni, nel 85% dei casi hanno registrato un incremento della produttività. Ancor più interessante, hanno ottenuto un 78% di fatturato in più. Da cosa dipende? Facile, dal benessere percepito nel 70% dei dipendenti che lavorano in questo tipo di aziende.

C’è poco di cui stupirsi: sappiamo quanto il tempo privato del lavoratore sia un bene preziosissimo. Il lavoro agile, abbattendo i tempi morti di viaggio tra casa e lavoro, ad esempio, aiuta a gestire al meglio la propria giornata. Ciò stimola la motivazione dei lavoratori.

Nelle aziende al passo coi tempi, in cui flessibilità e innovazione sono parole chiave, i lavoratori percepiscono una maggiore stabilità lavorativa.

Nel 91% di questi ambienti fioccano infatti lavoratori a tempo indeterminato e nel 78%, nel caso in cui vi siano precari, vengono presto stabilizzati con contratti degni di nota.

Come migliorare la qualità del lavoro

Visto il risultato dell’indagine, senza infamia e senza lode, l’interrogativo sorge spontaneo. Come lavorare sulla qualità del lavoro per migliorarla tangibilmente anche in Italia? La ricerca risponde puntualmente: è ormai fondamentale puntare sull’innovazione e migliorare la gestione delle risorse umane. Le aziende non possono più dimenticare le esigenze personali e formative dei dipendenti. La concessione di forme di lavoro agile, ormai, è un discrimine importante.

Coinvolgere il dipendente nella pianificazione delle attività, proporre cambiamenti organizzativi in meglio e porre tutta l’attenzione sul corretto bilanciamento tra vita lavorativa e familiare sono i concetti chiave. Chi li ha fatti propri e portati in azienda, solo l’8% delle imprese italiane per ora, conferma di aver registrato una virata verso l’alto della qualità del lavoro, acquisendo competitività rispetto alla concorrenza. Insomma, gli strumenti per un mondo del lavoro più sicuro e felice per tutti ci sono. L’importante, però, è iniziare a utilizzarli.