Il trend della settimana corta, ovvero di una settimana lavorativa di soli 4 giorni, ha preso velocità. Divenuta un must all’estero, dove l’esigenza di spazio personale e di benessere del lavoratore è diventata una priorità più velocemente che altrove, è un argomento caldo da tempo. Si tratta di un passo più in là rispetto allo smart working, modalità che ha preso piede nel Bel Paese dopo tante e inutili reticenze. La settimana lavorativa corta nasce dall’intento di dare più spazio personale ai lavoratori: meno giorni sotto pressione, più tempo per la famiglia e le proprie passioni, meno difficoltà a gestire eventuali cari con disabilità o problemi di salute.

Il risultato? Più efficienza e produttività nei 4 giorni di lavoro perché un dipendente felice, che ha tempo per se stesso e le proprie esigenze, lavora meglio e con più entusiasmo. Così, mentre all’estero viene proposta sempre più frequentemente, in Italia arrivano le prime richieste di sperimentazione. Sono stati i sindacati a premere perché l’opzione venisse presa in considerazione anche da noi. E il governo Meloni ha ascoltato: tramite il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, fa sapere che anche in Italia si potrebbe provare.

Settimana corta: l’esempio da imitare e le prime sperimentazioni italiane

La settimana corta italiana, secondo quanto anticipato, si ispirerebbe al modello già utilizzato con soddisfazione da diverse aziende nel Regno Unito. Queste propongono una settimana lavorativa di soli 4 giorni, ma lo stipendio non subisce decurtazioni. Rimane infatti uguale a quello percepito con la classica settimana lavorativa piena. Qualche esempio italiano già c’è.

A partire da banca Intesa San Paolo che, da gennaio 2023, ha introdotto settimana corta per i suoi 74mila dipendenti. Consente infatti di lavorare 9 ore invece che 8 al giorno per i 4 giorni lavorativi e, di conseguenza, lavorarne uno in meno a scelta.

Una proposta che potrà essere colta su base volontaria. La retribuzione? Dovrebbe rimanere la stessa, purché sia compatibile con le esigenze produttive della Banca. Il secondo esempio è quello di Tria Spa, azienda che produce macchine per il riciclo della plastica posta a Cologno Monzese. L’azienda ha deciso di sperimentare, da gennaio a luglio 2023, la chiusura degli uffici il venerdì alle 12 con tre ore di Rol (permessi retribuiti in busta paga) per tutti i dipendenti.

Segue a ruota anche Toyota Material Handling, azienda posta a Bologna, che propone turni di sette ore pagati come fossero di otto. Awin Italia, divisione nazionale di un marketing network globale, applica già una variante settimana corta dal 2021: consente di prendere una giornata libera o due mezze giornate libere a settimana. L’apertura delle aziende quindi inizia a esserci, a cui si aggiunge quella del governo. Come dichiarato dal ministro Urso a La Stampa:

Sono disposto a riflettere partendo dalla realtà.

La spinta dei sindacati per ottenere un risultato

Il lavoro di spinta dei sindacati per l’adozione della settimana corta pare aver ottenuto il successo sperato. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, è stato il primo entusiasta promotore. In un’intervista a La Stampa ha infatti anticipato che, a metà marzo e in occasione del congresso della Cgil, avanzerà una proposta concreta per introdurre efficacemente la settimana corta anche in Italia:

Di fronte alla rivoluzione tecnologica, che porta a un aumento di profitti e produttività, si deve praticare la ridistribuzione della ricchezza e di come viene accumulata anche attraverso la riduzione dei tempi di lavoro.

Il segretario della Cgil pare essere stato convincente: il ministro Urso si dice dissuaso a mettere alla prova la proposta. Nell’ottica di “aumentare produttività e occupazione” in Italia, lavorando anche però sul benessere del lavoratore e sul cosiddetto work-life balance, si potrebbe studiare l’introduzione di questa novità.

Il cui successo, però:

Dipende dalle condizioni del Paese: abbiamo dei punti di forza e dei punti di debolezza.

Come sempre, infatti, ci sono ostacoli oggettivi. Il primo di questi è che, come spiegato da Urso, l’occupazione in Italia è concentrata in particolare al Nord. È purtroppo ancora bassa al Sud e languono gli investimenti per incentivare il lavoro femminile, grande tasto dolente. Quindi, prima di promuovere la settimana corta, occorre riflettere su alcuni aspetti specifici:

Dobbiamo stare attenti che non diventi un incentivo all’emigrazione interna verso le grandi fabbriche del Nord che possono fare di più su questo fronte.

Settimana corta senza pregiudizi e con lo stesso stipendio

L’idea di settimana corta, come anticipato, ricalcherebbe quella inglese: 4 giorni di lavoro, quindi meno ore occupate, ma a fronte del medesimo stipendio percepito su 5 giorni. Urso conferma che il governo lavorerà sul tema “senza pregiudizi”, coinvolgendo e integrando nel flusso sia imprese che sindacati:

Per affrontare le sfide che abbiamo davanti la prima alleanza deve senz’altro essere con il sistema Italia, con imprese e sindacati.

Non resta che attendere novità a riguardo e che venga capito quanto importante sia una rivoluzione del lavoro in un momento in cui cambiano le esigenze. Lo stipendio non è più il primo parametro nella scelta dell’occupazione: contano più che mai la possibilità di lavoro flessibile, di tempo per se stessi e di occasioni di carriera.