Si parla già da tempo della proroga dello smart working per lavoratori fragili e genitori di under 14. Se in un primo tempo sembrava fosse divenuta insostenibile economicamente, sono poi stati trovati i fondi per portarla avanti. Il decreto Milleproroghe ha quindi ufficialmente esteso il diritto al lavoro da remoto alle categorie citate dal 28 febbraio fino al 30 giugno 2023. Purtroppo, però, il netto contrasto interpretativo sulla portata e applicabilità di questa norma ha generato dubbi e confusione.

In particolare, gran parte del trambusto è causato dall’esercizio del diritto allo smart working per i genitori con figli minori di 14 anni.

In questo caso, infatti, si possono trovare due interpretazioni differenti che hanno dato vita a due distinte correnti di pensiero. Vediamo di cosa si tratta e quali sono i pareri degli esperti sulla proroga dello smart working per tutte le categorie.

A chi è rivolta la proroga dello smart working

Ne avevamo già discusso a lungo, ma facciamo un rapido ripasso. La proroga dello smart working permette a lavoratori fragili e ai genitori di ragazzi under 14 di lavorare in modalità agile per venire incontro alle loro esigenze specifiche. La prima categoria comprende persone con certificazione medica che ne attesti i problemi di immunità, eventuali terapie salvavita in corso, disabilità gravi o cure oncologiche. Esistono due condizioni per godere del lavoro da remoto. La prima, valida per tutti, è che nel nucleo familiare non vi sia un altro genitore non lavoratore o beneficiario di strumenti di sostegno al reddito.

La seconda, valida solo per i genitori di ragazzi sotto i 14 anni, è che la modalità di lavoro remoto deve essere compatibile con le caratteristiche del lavoro stesso da svolgere. Ad esempio, il ruolo di infermiere non può essere svolto da remoto, ma quello da segretario sì. Tutte queste specifiche sono elencate nella legge di conversione del decreto legge 198/2022 (legge 14/2023) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 49 del 27 febbraio 2023.

Il lavoro da remoto è rivolto al 100% ai i fragili

Per quanto riguarda l’applicabilità della proroga dello smart working, per il lavoratori fragili le condizioni sono molto chiare. La possibilità di lavoro da remoto, che era in scadenza per il 30 marzo, è stata allungata fino al 30 giugno 2023 per questa categoria di lavoratori che operano sia nel settore pubblico che in quello privato. Questi devono rientrare in una lista di patologie gravi promulgata dal ministero della Salute nel decreto del 4 febbraio 2022. All’interno di quest’ultima sono elencate problematiche quali necessità di trapianti, terapie oncologiche e immunodeficienze.

Le persone colpite da questi problemi di salute vengono quindi tutelate con la possibilità di smart working per preservarle dall’esposizione a possibili minacce, dall’ancora diffuso Covid alle tante violente influenze e via dicendo. L’interpretazione di questa casistica non lascia spazio a dubbi: per motivi di forza maggiore, lo smart working viene riconosciuto anche in caso di incompatibilità delle mansioni con il lavoro da remoto. Al lavoratore, quindi, viene assegnata un’altra mansione della stessa categoria o area di inquadramento, come definito dai contratti collettivi vigenti, senza decurtazione dello stipendio.

Proroga dello smart working per genitori con figli under14: l’origine della confusione

Le cose paiono decisamente meno chiare quando si tratta di proroga dello smart working per genitori con figli under 14. In questo caso la normativa lascia spazio a confusione. Esiste l’interpretazione di Arturo Maresca, professore ordinario di diritto del lavoro all’Università La Sapienza di Roma sostenuto da diversi giuslavoristi:

Se nell’organizzazione aziendale non è previsto il lavoro agile, il genitore di figlio minore di 14 anni ne avrà comunque diritto. Se, invece, l’azienda già prevede tale modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, il genitore ne avrà diritto secondo la disciplina già stabilita dall’imprenditore, quindi con l’alternanza giorni di presenza/da remoto e la collocazione temporale della prestazione valevole anche per tutti gli altri dipendenti.

Per i sindacati e per altri giuslavoristi, invece, la mancanza di limitazioni espresse assicurerebbe il diritto assoluto a lavorare sempre al di fuori delle mura aziendali. Quindi, garantisce che la prestazione lavorativa possa avvenire sempre da remoto. Poiché manca un’interpretazione univoca del legislatore tramite circolare del ministero del Lavoro, l’incertezza regna sovrana. Come spiegato da Maresca al Sole24Ore:

La norma si limita a riconoscere il diritto di tali genitori a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile ma non ne definisce il contenuto e, segnatamente, la misura, dunque l’alternanza dei giorni di presenza e di lavoro da remoto. In tale prospettiva, è quindi sostenibile che il genitore di figlio minore di 14 anni, alle condizioni stabilite dalla norma , abbia il diritto al lavoro agile, diritto però da esercitare secondo la disciplina prevista dall’impresa. Se l’attività viene svolta solo ed esclusivamente da remoto, non si tratta di lavoro agile, bensì di lavoro da remoto, cioè un rapporto di lavoro nel quale la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa si caratterizza per il fatto che il dipendente opera sempre e solo da remoto, senza alternanza.

Mentre per il lavoro agile è prevista l’alternanza di presenza e smart working.

Le conclusioni delle due correnti di pensiero

Approfondiamo quindi le differenti interpretazioni della normativa sulla proroga dello smart working per genitori con figli sotto i 14 anni. Secondo la corrente di pensiero di Maresca, questa normativa permette al lavoratore di rivendicare un diritto soggettivo perfetto che gli consente ottenere il lavoro agile (che non è il lavoro da remoto, come abbiamo visto) anche nelle aziende in cui il datore di lavoro non ne fa utilizzo. Se il datore di lavoro decide di consentire ai dipendenti con figli fino a 14 anni il lavoro sempre da remoto, lo ha scelto senza obblighi per garantire un trattamento favorevole.

Invece, secondo l’avvocato Aldo Bottini che si è espresso sempre sul Sole24Ore:

Eventuali accordi esistenti (individuali o collettivi), che limitino solo ad alcuni giorni il lavoro da remoto, devono intendersi superati dalla norma di legge che sembra attribuire il diritto a uno smart working “integrale”. A differenza che per i “fragili”, il diritto è espressamente condizionato alla compatibilità del lavoro agile con le caratteristiche della prestazione. Il che, oltre a precludere il lavoro agile a chi può solo lavorare in presenza, potrebbe lasciare aperta la possibilità di negare lo smart working “integrale” laddove si possa dimostrare che quest’ultimo sia incompatibile con la prestazione, ovvero che l’alternanza tra presenza e lavoro da remoto, prevista dagli accordi, sia indispensabile per svolgere le mansioni assegnate. Ma si tratta di una prova non facile, e quindi di una possibilità nella maggior parte dei casi più teorica che pratica.

Si attendono comunque maggiori chiarimenti a riguardo.