Non esistono soltanto i rendimenti avidi o sottozero dell’Eurozona. Restando nella stessa Europa, possiamo acquistare titoli del debito sovrano a prezzi ben più convenienti. E’ il caso della Romania, un paese che fa parte dell’Unione Europea, ma non dell’euro, sebbene possa in futuro farci ingresso. Guardando alla sua curva dei tassi, notiamo che la scadenza a 10 anni offre un rendimento del 4,50%. Considerato che il BTp di pari durata non va oltre lo 0,90% in questi giorni, bisogna ammettere che il quintuplo fa gola.
Ma questo spread risente del rischio di cambio, oltre che di quello sovrano. I titoli del debito rumeno sono denominati in leu, la valuta locale. C’è una buona notizia, tuttavia, per gli obbligazionisti: il leu si mostra relativamente stabile contro la moneta unica.
In una fase come questa, il differenziale tra i tassi d’interesse può fare la differenza. In settimana, la banca centrale rumena ha alzato il costo del denaro dello 0,25% all’1,50%. Tanto, se confrontato allo zero della BCE. Ma l’inflazione in Romania è già salita al 5,25% contro il 3,4% dell’Eurozona. Invece, il rapporto debito/PIL è ancora relativamente basso: al 47% nel 2020, in forte aumento dal 35% del 2019. Nell’unione monetaria, ormai supera il 100%.
Debito Romania, rendimenti appetibili
Per chi non volesse addossarsi il rischio di cambio, c’è il modo di restare nella propria “comfort zone” acquistando titoli del debito rumeno in euro. Il decennale con scadenza luglio 2031 e cedola 2,124% (ISIN: XS2027596530) offre il 2,30% alle attuali quotazioni, qualcosa come 140 punti base in più dei nostri BTp.
Il trend negativo delle ultime settimane si mostra in linea con l’andamento generale sui mercati dei bond. Tuttavia, nello specifico la Romania è alle prese con una crisi politica (fenomeno frequente da queste parti). Il premier conservatore Florin Citu è stato sfiduciato dopo la fuoriuscita dalla maggioranza di un partner di governo. Peraltro, anche a causa di un basso tasso di vaccinazioni, Bucarest è alle prese con la più grave ondata di contagi da Covid dall’inizio della pandemia, un fatto che dovrebbe tenerci gli occhi aperti sulle prospettive imminenti dei titoli del suo debito.
Detto questo, l’economia rumena è cresciuta mediamente del 3% nel decennio prima della pandemia, in accelerazione negli ultimissimi anni. I conti pubblici non sono granché in equilibrio, con disavanzi fiscali a ridosso del 3% del PIL fino al 2019. Diciamo che il debito rumeno può accrescere la “yield” di portafoglio senza aumentare considerevolmente i rischi. Un buon modo per puntare sulla ripresa dell’economia globale, inserendo tra gli asset titoli a medio-basso rating.