Con il principio di diritto n. 13 del 12 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che “l’emissione, la trasmissione, la conservazione e l’archiviazione delle fatture emesse nei rapporti con le amministrazioni pubbliche, nonché con le amministrazioni autonome, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, deve essere effettuata esclusivamente in forma elettronica”.

A decorrere dal 31 marzo 2015 le amministrazioni pubbliche “non possono accettare fatture che non siano trasmesse in forma elettronica per il tramite del Sistema di interscambio e, trascorsi tre mesi da tali date, le stesse non possono procedere ad alcun pagamento, nemmeno parziale, sino all’invio delle fatture in formato elettronico”.

Questo principio si applica anche con riferimento alle fatture emesse nei confronti dell’Amministrazione di Giustizia dai consulenti tecnici di ufficio per certificare i compensi determinati con i decreti di liquidazione.

Necessaria la modalità telematica

Secondo il principio di diritto n. 13, l’obbligo sopra citato ricorre nonostante con la circolare n. 9/E del 7 maggio 2018 i compensi siano stati esclusi dall’obbligo dello split payment, “nel presupposto che l’Amministrazione della Giustizia non effettua alcun pagamento del corrispettivo del consulente tecnico d’ufficio e, conseguentemente, l’applicazione della scissione dei pagamenti “comporterebbe l’onere, per la parte obbligata al pagamento del compenso del CTU, di versare a quest’ultimo soltanto l’imponibile mentre l’Iva relativa alla prestazione del CTU dovrebbe essere riversata all’Amministrazione della Giustizia”.

Si ricorda, infine, che l’obbligo di fatturazione elettronica tramite SdI è stato esteso a tutte le operazioni effettuate dai soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, e non solo a quelle che vedono come controparte la PA.

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