Dalle ultime dichiarazioni dei vertici europei, le speranze che la Grecia trovi un’intesa con i creditori pubblici (UE, BCE e FMI) sembrano quasi nulle. Sopra ogni altra frase, colpisce quella pronunciata dal vice-presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, per cui “il futuro della Grecia è nell’Unione Europea”. Ma alla domanda se sia anche nell’Eurozona, non ha voluto rispondere. Fino a ieri, era solito a Bruxelles recitare il mantra del “il futuro della Grecia è nell’Eurozona”. Gli fa quasi eco il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, secondo cui l’esito del referendum di ieri non avvicina alcuna soluzione negoziale.

Nel frattempo, gli analisti di Société Générale hanno alzato dal 40% al 65% le probabilità di una Grexit, sostenendo che entro mercoledì la BCE potrebbe ritirare gli aiuti alle banche elleniche, successivamente al vertice tra i capi di stato e di governo dell’Eurozona di domani sera, il quale è molto improbabile che dirà esplicitamente alla Grecia che sarà cacciata dall’euro. Accadrà, tuttavia, quando Atene dovrà emettere una moneta alternativa per i pagamenti, anche elettronica, stando al Professore ed ex rettore dell’Università Bocconi di Milano, Guido Tabellini.   APPROFONDISCI – Grecia al test delle banche, dopo il referendum sarà difficile restare nell’euro  

Come sarebbe il nuovo cambio?

Immaginiamo per un istante che la Grexit sia cosa fatta, ossia che la Grecia esca dall’euro e sia costretta a tornare alla dracma. E’ probabile che il contraccolpo psicologico sia tale sui mercati che la nuova vecchia valuta ellenica si svaluterà finanche del 50% contro l’euro, perché inizialmente in pochi la acquisteranno, greci compresi, i quali  potrebbero preferire regolare gli scambi con l’estero in euro, dollari e detenere parte dei risparmi in oro e divise pesanti. Col tempo, però, la dracma sarà una realtà ineludibile e il cambio di questa con l’euro tenderà a portarsi ai valori che rispecchiano i fondamentali dell’economia della Grecia.

Difficile fare una stima esatta, ma tenendo conto che la moneta unica ha perso nell’ultimo anno quasi un quarto del suo valore contro le principali valute, a causa sia del rafforzamento del dollaro sull’attesa di un rialzo dei tassi USA, sia del varo di potenti stimoli monetari della BCE, è realistico ipotizzare che rispetto al cambio con cui Atene entrò nell’Eurozona, la dracma potrebbe cedere intorno al 20-30%. Una volta che esso si sarà stabilizzato in maniera evidente (non solo contro l’euro), la Banca di Grecia potrebbe ritenere che non ci siano più timori per variazioni eccessive nei confronti della moneta unica, al rialzo o al ribasso, per cui potrebbe dare vita con la BCE a un accordo valutario, similmente a quello stipulato tra Francoforte e Copenaghen nel 2000, quando fu deciso che il cambio tra corona danese ed euro potesse variare del 2,25% al massimo, intorno alla parità di riferimento di 7,46038.   APPROFONDISCI – Grecia, referendum sull’euro e possibile default: ecco l’inizio del ritorno alla dracma  

Ritorno nell’euro dopo un periodo con la dracma?

Un cosiddetto “peg”, introdotto unilateralmente da Atene sarebbe da escludere, perché la banca centrale greca non avrebbe nemmeno la sufficiente credibilità per rassicurare i mercati che esso sarebbe difeso. La storia di questi mesi insegna, poi, che le parità concordate tendono a resistere anche alle forti ondate speculative (corona danese), mentre quelle fissate unilateralmente (franco svizzero) non fanno altrettanto. E se la Svizzera ebbe fino al 15 gennaio scorso il problema di come gestire eccessivi afflussi di capitali, verosimilmente la Grecia avrebbe il problema opposto anche nel medio-lungo termine, più difficile da fronteggiare. Una nuova parità tra dracma ed euro svalutata rispetto ai livelli attuali avrebbe effetti benefici per l’economia ellenica, perché rispecchierebbe realmente i suoi fondamentali, consentendole un rilancio delle esportazioni e rendendo meno doloroso il processo di riforme interno per riacquistare la competitività perduta nell’ultimo quindicennio.

Al contempo, un cambio stabile eviterebbe alla Grecia di essere oggetto di ulteriore pressioni inflazionistiche, oltre a quella conseguente all’impatto iniziale del ritorno alla dracma. In teoria, sarebbe una riedizione dello SME, il cosiddetto “serpente” monetario, che prima dell’euro aveva tenuto legate le divise europee da cambi con oscillazioni minime e controllate. Nessuno potrebbe escludere, sempre in teoria, come propone l’influente Ifo tedesco, che la Grecia possa tornare nell’euro dopo un periodo al di fuori dell’unione monetaria. Ma è davvero difficile immaginare che dopo il trauma dell’uscita, qualcuno ad Atene vorrà riproporre al proprio popolo di rinfilarsi in un percorso dal quale ci si è distaccati dopo anni di travaglio economico, sociale e morale e toni bellici contro i governi creditori. C’è tutta la sensazione che se la Grecia uscirà dall’euro, si terrà la dracma per sempre.   APPROFONDISCI – La salvezza della Grecia sono il default e l’uscita dall’euro per Ifo e Goldman Sachs