Lo scontro tra istituzioni va evitato, mentre vanno perseguite la trasparenza e la lealtà. E’ quanto in sintesi ha dichiarato ieri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, indirizzato alle Alte Cariche dello Stato e tenuto al Quirinale. Parole, che arrivano a poche ore di distanza dalla pubblicazione di diversi organi di stampa delle indiscrezioni relative allo scandalo delle 4 banche salvate, secondo le quali il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, avrebbe chiamato nei giorni scorsi proprio Mattarella per chiedergli spiegazioni su alcune dichiarazioni del premier Matteo Renzi.

Questi aveva escluso che a dirimere le controversie tra istituti e risparmiatori possa essere la Consob o Bankitalia, sostenendo che si dovrebbe creare un’authority ad hoc, presieduta da Raffaele Cantone. Tali affermazioni hanno generato stupore, dato che la scorsa settimana, persino la rigida Commissione europea aveva accolto con entusiasmo l’ipotesi di affidare l’arbitrato alla Consob. In sostanza, Renzi avrebbe messo in dubbio l’imparzialità dei 2 massimi organismi di controllo del sistema bancario-finanziario in Italia, tanto che Visco avrebbe offerto al capo dello stato anche le sue dimissioni. Stando sempre alle ricostruzioni (smentite con una nota dal Quirinale), Mattarella le avrebbe rifiutate, invitando il governatore a restare al suo posto e ribadendogli la sua fiducia. Il caso sta scuotendo le istituzioni, non solo per l’importanza che sempre ha avuto Palazzo Koch – qualcuno l’ha definito in passato l’unico vero organismo serio e che conterebbe nel nostro paese -, bensì anche perché il presunto intervento di Mattarella sarebbe il primo di rilievo da quando è stato eletto presidente. E si configura quale presa di distanza rispetto a Palazzo Chigi, con cui finora sembra esserci stata una sintonia più che perfetta.        

Mattarella versus Renzi su scandalo banche?

Il segnale per Renzi, dunque, non è stato positivo, per quanto non pubblico.

Il capo dello stato ha impedito che rotolasse la testa di un uomo evidentemente sgradito al premier, fermandone la “decapitazione”. Ma perché? Alla base di questo gesto potrebbero nascondersi diverse ragioni. La prima è di opportunità: se Visco si fosse dimesso, sarebbe stato il secondo governatore consecutivo a cadere per uno scandalo sorto all’interno del nostro sistema bancario. Esattamente 10 anni fa aveva dovuto lasciare Antonio Fazio per il cosiddetto caso dei “furbetti del quartierino”. Troppo per la credibilità di un’istituzione, che non dimentichiamo far parte del board della BCE e che, quindi, al pari delle altre, decide sulla politica monetaria dell’Eurozona. Quale peso contrattuale avrebbe la nostra banca centrale nelle trattative con le altre in Europa, se per la seconda volta in un decennio, il suo maggiore rappresentante fosse dimessosi per le accuse di omessa vigilanza, carenza e inaffidabilità dei controlli, o peggio, per un paventato coinvolgimento nelle vicende che conosciamo? In questi mesi, la Bundesbank ha chiesto che i titoli di stato in pancia nelle banche dell’Eurozona non siano più valutati a rischio zero, perché ciò distorcerebbe il mercato del credito in favore dei bond governativi e a discapito dei prestiti all’economia reale. Una posizione non certo stramba, ma che creerebbe parecchi problemi nell’immediato all’Italia, dato che le nostre banche si sono riempite in questi anni di BTp per oltre 400 miliardi di euro, un valore doppio di quello di appena 4 anni fa. Ne risentirebbe anche il costo di rifinanziamento del nostro debito pubblico, perché il Tesoro potrebbe fare minore affidamento sugli istituti nazionali, dovendo ricercare altrove la domanda per le sue emissioni.    

Credibilità Bankitalia a rischio con dimissioni Visco

Serve, dunque, che alla Bundesbank tenga testa un ampio, solido e credibile fronte dei contrari alla proposta, che magari riesca a smussarne gli angoli, rinviando la questione a tempi migliori.

Inoltre, dalla Bundesbank è arrivata una netta chiusura alla proposta della Commissione europea di creare una garanzia unica sui depositi bancari, in modo da dare vita al terzo pilastro della cosiddetta Unione bancaria. I tedeschi non vogliono mutualizzare i rischi, specie perché credono che la solidità dei bilanci bancari sia ancora troppo legata a quelle delle politiche fiscali nazionali, proprio per il tramite dei titoli di stato in pancia. Dunque, sarebbero, anzitutto, questioni di politica sovranazionale ad avere spinto Mattarella a tenere al suo posto Visco? Sì e no. Avranno certamente pesato, ma forse il Quirinale ha voluto lanciare anche un messaggio al premier: la sua strabordante forza, ostentata in ogni occasione, non può spingersi fino a ipotizzare che tutte le istituzioni repubblicane siano modellate a sua immagine e somiglianza. Oltre tutto, potrebbe anche esserci stata la sensazione che il governo stia cercando una vittima sacrificale da immolare per allontanare l’attenzione mediatica dal ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, nell’occhio del ciclone per il coinvolgimento del padre (ex dirigente di Banca Etruria, uno dei 4 istituti salvati dal governo Renzi) nella vicenda.        

Renzi teme contraccolpi elettorali

Che Renzi non abbia voglia che i fari dei media restino accesi ancora a lungo sul caso lo dimostrerebbe anche la sua preferenza per il varo di una commissione d’indagine in Parlamento, al posto di quella d’inchiesta richiesta dal centro-destra. La distinzione sta nel fatto che la seconda avrebbe poteri investigativi al pari di una Procura, potendo anche chiedere la deposizione di testimonianze e accedendo ai fascicoli interessati. Dunque, l’attacco indiretto a Visco e a Giuseppe Vegas, quest’ultimo a capo della Consob, avrebbe alla radice la volontà di esibire all’opinione pubblica gli scalpi dei presunti responsabili dello scandalo, trasformando il governo da presunto contiguo agli ambienti sotto accusa a benefattore degli interessi dei risparmiatori italiani.

Ma forse anche per Mattarella era troppo!