Partecipando a un evento organizzato dalla New York University, dove insegna, il Professore Nouriel Roubini analizza le conseguenze della Brexit e spiega di intravedere all’orizzonte una permanenza dell’economia mondiale nella fase attuale di turbolenza e incertezza, ma allo stesso tempo ritiene che non sarebbe in vista alcuna crisi finanziaria di dimensioni simili a quella esplosa negli USA nel 2007-’08 e rapidamente propagatasi nel resto del pianeta.

L’economista, noto anche come “Mr Doom” per il pessimismo ostentato negli anni passati, specie con riferimento alla gestione della crisi da parte dell’Eurozona, nota come le politiche monetarie convenzionali siano sempre meno efficaci, tanto da attendersi che gli USA non alzeranno i tassi nei prossimi mesi, una visione condivisa anche da altri economisti presenti al meeting.

Disuguaglianze sociali alla base della lotta alla globalizzazione

Spiega le ragioni a monte della Brexit con la crescita delle disuguaglianze nel Regno Unito, così come in tutte le altre principali economie, tanto che, continua, in America abbiamo Donald Trump a rappresentare la rabbia degli operai più deboli e Bernie Sanders sia degli operai che degli impiegati. Per Roubini, si registrerebbe una tendenza generalizzata all’avversione della globalizzazione, visto che dei suoi benefici non ne hanno goduto tutti i ceti sociali.

E sempre dalla capitale finanziaria americana è intervenuto anche un altro noto economista, il Premio Nobel Paul Krugman, che dalle colonne del New York Times ha scritto la sua sulla Brexit, condannando senza appello il premier britannico David Cameron, che a suo avviso rischia di passare alla storia come l’uomo che per ragioni di leadership di breve periodo all’interno del suo partito ha disgregato la UE.

 

 

Krugman: senza Brexit, scenario ugualmente negativo

Spiega che le conseguenze dell’uscita del Regno Unito dal mercato comune saranno molto negative per l’economia britannica, anche considerando che seguendo le regole del WTO sul commercio mondiale, alla fine Londra subirebbe solo imposizioni minime di dazi e di barriere non tariffarie.

Il rischio, però, continua, risiede nel fatto che l’analisi dimostra che l’adesione alla UE incentiverebbe gli investimenti di lungo periodo. Questi, quindi, verrebbero meno nel Regno Unito e si avrebbero contraccolpi sulla produttività e, quindi, sulla crescita economica. Insomma, l’economia britannica diventerà più povera, conclude.

Tuttavia, chiarisce di non sentirsi così inorridito come si potrebbe pensare, per il semplice fatto di ritenere che uno scenario simile si sarebbe verificato anche nel caso di vittoria dei “Remain”. I movimenti populisti e xenofobi in tutta Europa starebbero attecchendo, secondo Krugman, a causa della “stagnazione secolare” in cui sarebbe caduto il Vecchio Continente, dovuta specialmente all’invecchiamento della popolazione. Molti europei sono pessimisti sul loro futuro e l’economista ammette di condividere questo sentimento.