Al 30 giugno scorso, l’Italia mostrava un saldo passivo di 480,9 miliardi di euro al Target 2, il sistema dei pagamenti dell’Eurozona e che fa capo alla BCE. Si tratta del dato peggiore, in valore assoluto, di tutta l’area, anche se nemmeno la Spagna se la passa affatto bene con i suoi 398,3 miliardi di rosso. Per contro, la Germania vanta crediti per 976,3 miliardi di euro, pari al 72,3% di tutti saldi attivi dell’area e grosso modo pari alla somma dei saldi passivi dei cosiddetti “PIIGS” (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).

Da inizio anno, la Germania ha ampliato il suo attivo di 115,5 miliardi, mentre Italia e Spagna nel complesso hanno peggiorato i loro passivi di 94,3 miliardi. Abbiamo più volte spiegato che tali saldi nazionali captano i pagamenti netti ricevuti o effettuati verso il resto dell’Eurozona. Pertanto, una posizione passiva è il frutto di importazioni eccedenti le esportazioni e/o di deflussi di capitali. Viceversa, una posizione attiva rappresenta esportazioni nette e/o afflussi di capitali. L’Italia vanta il segno più per le esportazioni di beni e servizi, ma il dato è più che compensato dai deflussi finanziari registrati negli ultimi anni sia per la crisi di fiducia degli investitori esterni verso il nostro debito pubblico, sia per gli acquisti di BTp realizzati dalla BCE con il “quantitative easing”.

Perché la BCE si accorge solo ora dei derivati bancari e la Germania rischia

Qual è il problema con questi dati? La loro interpretazione in chiave politica. Lo scorso anno, il governatore della BCE, Mario Draghi, rispondendo all’interrogazione di due europarlamentari italiani, ha spiegato che nel caso in cui uno stato decidesse di uscire dall’Eurozona, esso dovrebbe saldare “all’istante” le sue posizioni con il Target 2. In altre parole, avendo l’Italia accumulato passività contabili per quasi mezzo trilione di euro, se tornassimo alla lira dovremmo versare tale cifra subito a Francoforte.

La risposta di Draghi ha fomentato diverse speculazioni e, in particolare, in Germania, dove diversi economisti conservatori vicini al governo Merkel hanno da mesi iniziato a preparare il loro “piano B” per il caso in cui Berlino dovesse decidersi in futuro a tornare al marco. In quel caso, spiegano, i tedeschi farebbero cassa, perché avrebbero titolo per reclamare ai partner dell’Eurozona quasi 1.000 miliardi. Dunque, se per noi uscire dall’euro sarebbe un incubo sotto diversi profili, la Germania avrebbe semmai il problema di come gestire la sua economia con una moneta troppo forte – il marco si rivaluterebbe verso le altre monete dell’Eurozona – e confiderebbe su entrate una tantum per quasi 1.000 miliardi. Non male, vero?

La grande bugia raccontata in Germania

Sul piano politico, queste cifre stanno stuzzicando le fantasie di molti. Il partito euro-scettico dell’AfD propone, ad esempio, di agevolare l’uscita dell’Italia dall’euro, rinunciando a pretendere i pagamenti dovuti con il Target 2. In teoria, una mossa “generosa” da parte della destra anti-Bruxelles tedesca, ma che finisce per alimentare i pregiudizi verso l’Italia, visto che molte argomentazioni sui saldi di cui sopra poggiano su interpretazioni errate o vere e proprie bugie. Vi spieghiamo perché: i 481 miliardi di passività a carico della Banca d’Italia non sono debiti propriamente detti. Essi nascono nel seguente modo: un investitore italiano acquista un titolo finanziario da uno tedesco? Ebbene, si genera una richiesta di euro alla BCE da parte della banca italiana tramite cui avviene lo scambio. Francoforte iscrive contabilmente una passività per il nostro istituto e un’attività in capo alla Bundesbank, la banca centrale dell’investitore che vende il titolo. Tuttavia, tali iscrizioni non rappresentano alcun rapporto reale di credito-debito tra i due soggetti privati, visto che l’italiano ha pagato il tedesco per ottenere il titolo.

Semplicemente, la BCE ha fornito a Bankitalia la liquidità necessaria, affinché l’operazione fosse resa possibile. Se Germania e Italia avessero ancora monete nazionali diverse, il problema nemmeno si porrebbe, perché sul mercato si scambierebbero lire contro marchi ai tassi di cambio dati e ciascuna banca centrale registrerebbe afflussi o deflussi di valuta estera.

Pertanto, l’Italia non risulta indebitata per quasi mezzo trilione verso la Germania e gli altri partner europei. Si tratta solo di dati contabili, ma che la politica sta strumentalizzando per dipingere i PIIGS come “scrocconi” (Ricordate la vignetta di qualche mese fa di Der Spiegel dal titolo “Die Schnorrer von Rom”?), parassiti mantenuti dall’Europa del nord. A dire il vero, tempo fa siamo stati contattati sul tema da Piergiorgio Gawronski, giornalista e politico italiano, candidatosi alla segreteria del PD nel 2007. Egli ha notato come, a suo avviso, sarebbe la Bundesbank ad essere indebitata verso il resto dell’area, non viceversa. Sostiene che, nettando i dati tra Bankitalia e le banche italiane, tra queste e i soggetti privati italiani e tra soggetti privati tedeschi e banche tedesche, alla fine si scoprirebbe che la BCE ha iniettato liquidità, che è andata a finire nelle casse dell’istituto centrale di Francoforte, il quale sarebbe il vero “debitore” del sistema.

Come la Germania vorrebbe fregare tutti e fuggire dall’euro con 900 miliardi 

Una bugia con esiti negativi per l’euro

Aldilà di come la si pensi, il complesso tema dei saldi Target 2 ci invita a ragionare con prudenza, presentando aspetti molto tecnici e non avendo niente a che vedere con i rapporti di credito dell’economia reale. Gli italiani che hanno acquistato beni, servizi e capitali dal resto dell’Eurozona per 481 miliardi in più di quanto non ne abbiano venduti non si sono indebitati con nessuno, avendo pagato all’atto del compimento delle rispettive operazioni. Affermare che la Germania starebbe sostentando i partner dell’euro per quasi 1.000 miliardi è un falso, che come tutti i falsi rischia di passare per verità, ripetuto mille volte.

L’opinione pubblica tedesca viene ingozzata da tempo con questa bugia e giustamente crede di essere finita vittima di un sistema economico europeo che vive sulle spalle della Germania. Il tedesco medio sostanzialmente pensa che italiani, spagnoli, greci e portoghesi abbiano nei suoi confronti debiti stratosferici, che non paghino in quanto vivrebbero al di sopra delle loro possibilità.

Dai falsi miti al dramma il passo è breve. Volete che una siffatta opinione pubblica così irritata da una propaganda gretta e bugiarda sia disposta ad accettare nei prossimi mesi e anni che la BCE sostenga per vie traverse eventualmente l’Italia o chicchessia nel caso di esplosione di una nuova crisi del debito sovrano? I tedeschi pensano di avere già dato a Roma, quando l’Italia è stato tra i principali creditori delle crisi innescatesi dal 2010 e continua a finanziare la UE con un saldo annuo attivo superiore ai 2 miliardi di euro. Vallo a spiegare ai tedeschi che noi italiani ci troviamo nella loro stessa posizione, al netto di ogni considerazione sui benefici dell’allentamento monetario, che certo sono stati evidenti per i nostri conti pubblici, ma non meno per quelli di Berlino, visto che la Germania continua ad emettere Bund con rendimenti negativi fino a scadenze medio-lunghe e anche grazie a ciò registra attivi fiscali sin dal 2014.

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