Di recente, il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha acceso i fari sui pensionati italiani all’estero, che oltre a godere giustamente di un assegno legato agli anni di contribuzione e al montante accumulato, spesso hanno diritto a prestazioni assistenziali, come l’integrazione al minimo, con la conseguenza di gravare le casse previdenziali italiane, senza che queste persone vivano e spendano nel nostro paese. Anzi, tali prestazioni supplementari, ha spiegato, finiscono per alleggerire gli stati in cui risiedono da oneri altrimenti a loro carico, per cui sarebbe in corso un trasferimento di ricchezza dall’Italia verso il resto del mondo.

Il fenomeno dei pensionati italiani all’estero è complesso. Sono oltre 400.000 di nostri connazionali a percepire un assegno al di fuori dall’Italia, per una spesa complessiva a carico dell’Inps per poco più di un miliardo al mese. Mediamente, l’importo mensile erogato risulta inferiore a 235 euro. Esistono, però, enormi divergenze tra stato e stato. Si va dai 164 euro mensili percepiti da un pensionato italiano tipo in Belgio ai 2.133 euro mensili in Portogallo. (Leggi anche: Pensionati all’estero, come evitare doppia imposizione fiscale)

Pensioni basse in paesi come Germania

In effetti, se andiamo a spulciare i dati Inps relativi al 2016, ci accorgiamo di un fenomeno apparentemente strano: laddove si concentra il maggior numero di residenti all’estero, l’importo medio della pensione è basso. Viceversa, dove si trovano i piccoli numeri, si hanno anche assegni più alti. Un esempio? Tra Germania e Svizzera vengono erogati circa 100.000 assegni ogni mese in favore di italiani, ma il cui importo medio viaggia sui 150 euro.

Come mai? E’ evidente che in paesi come Germania, Svizzera e Belgio, le pensioni vengono erogate in favore di nostri connazionali, che il più delle volte hanno deciso di lasciare l’Italia da giovani per trovare lavoro all’estero. Dunque, hanno versato pochi contributi nel nostro paese, maturando un assegno molto leggero.

Diverso sarebbe il caso di stati come Portogallo, Malta e Cipro, dove i pensionati italiani residenti hanno deciso di trasferire la loro residenza nell’età della vecchiaia, non avendo spesso svolto qui nemmeno un giorno di lavoro, ma andandoci a vivere per godere di un costo della vita relativamente basso e di condizioni fiscali incentivanti. E così, sono ancora solamente poco più di un migliaio i nostri connazionali in Portogallo, mentre a Malta superano appena le 200 unità, ma percependo assegni cospicui. (Leggi anche: Pensionati all’estero, si espatria per defiscalizzare la pensione)

Portogallo meta per pensionati con assegni alti

In sostanza, migliaia di pensionati italiani starebbero preferendo andare a vivere in paesi climaticamente molto simili al nostro, ma dove la pressione fiscale (almeno sulle pensioni) risulta assai più bassa e dove si vivrebbe con meno. Nella sola Lisbona risultano essere già arrivati 50.000 pensionati di tutta Europa, attirati da una recente legge del governo lusitano, per la quale sulle pensioni i residenti “non abituali” non pagano tasse per 10 anni. Si stima che tali afflussi stiano introitando per le casse statali sui 2 miliardi all’anno. Insomma, la cara legge del “meno tassi, più incassi”.

L’Italia non sta riponendo grande attenzione al fenomeno. Diciamoci la verità: attrarre stranieri anziani non sembra un’idea allettante, perché siamo abituati ad associare la terza età ai costi e non al business. Lisbona ci ha impartito una lezione sul tema, così come anche La Valletta e Nicosia, tutte a garantire tasse infime per molti anni sulle pensioni. Del resto, è come se avessero attirato turisti per tutto l’anno o per gran parte di esso, persone che spenderanno i loro assegni in loco, che o prenderanno in affitto case, che probabilmente godranno in maniera intensiva di servizi turistici, a tutto beneficio dell’economia locale.

Come dimostrano le cifre sopra citate, poi, a fuggire dall’Italia verso il resto del Mediterraneo non sarebbero anziani con redditi bassi, in lotta per la sopravvivenza in Italia, ma titolari di assegni relativamente cospicui, che altrove avrebbero l’opportunità di vivere anche meglio. In attesa che anche l’Italia ci arrivi. (Leggi anche: Pensioni a 67 anni, scontro tra libertà e dirigismo)