Un 2023 iniziato male e che rischia di concludersi peggio per Emmanuel Macron. Il presidente francese otteneva il secondo mandato appena un anno fa, rivincendo contro la sfidante Marine Le Pen, pur con un margine molto più stretto rispetto al 2017. Ma politicamente naviga in pessime acque. Rischia di arrivare alle elezioni europee cotto e mangiato. Prima l’impopolarissima riforma delle pensioni, che per settimane ha visto scendere in piazza centinaia di migliaia di lavoratori e, soprattutto, giovani. La scorsa settimana, invece, la miccia delle tensioni è stata accesa dall’uccisione di un ragazzo di 17 anni per mano di un poliziotto.

La notizia della vittima di origini maghrebine ha incendiato le periferie, le tristemente note banlieues”. Scontri, saccheggi, incendi e devastazioni sono il bollettino di una guerra alle istituzioni della Quinta Repubblica portata avanti da diverse notti da bande di giovanissimi.

Eliseo sotto attacco in patria

Macron è più debole che mai. Ha dovuto lasciare il Consiglio europeo venerdì scorso, facendosi rappresentare dal cancelliere Olaf Scholz. E ha dovuto annullare un incontro bilaterale proprio con il tedesco, avendo di che occuparsi a Parigi. L’Eliseo è sotto assedio anche dalla politica, che non gli perdona di avere fatto passare la riforma delle pensioni senza una votazione dell’Assemblea Nazionale, facendo ricorso all’art.49.3 della Costituzione. Impopolare in patria, da tempo si rifugia a Bruxelles per scampare ai giudizi al vetriolo dei suoi concittadini.

Non è che le cose nell’Unione Europea stiano andando tanto meglio per lui. Anzitutto, la riforma del Patto di stabilità invocata dalla Germania è all’insegna dell’austerità fiscale. E se è vero che la Francia abbia conti pubblici più ordinati dell’Italia, in assoluto non lo sono così tanto. Tant’è che le agenzie di rating hanno iniziato a minacciare il taglio del giudizio. A fine aprile, Fitch è passata ai fatti: da AA ad AA- il voto assegnato ai titoli del debito francese.

Un segnale di allarme che ha subito pressato il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ad annunciare un rientro più veloce del deficit.

Interessi comuni tra Italia e Francia

Resta il fatto che la Francia abbia bisogno come l’Italia sia di flessibilità fiscale, sia di non regalare alla Germania pezzi di industria a colpi di generosi aiuti di stato alle imprese che Berlino può permettersi di erogare, a differenza della gran parte dei suoi partner europei. E già l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE) rischia di avere mandato in rosso l’economia francese nel secondo trimestre. Sebbene Parigi abbia esternato il suo disappunto soltanto una volta nell’autunno scorso e con toni moderati, la stretta monetaria a Macron non è di aiuto in questa fase. La Francia vanta un’inflazione più bassa della media nell’Area Euro (4,5% a giugno contro il 5,5%) e, soprattutto, non può permettersi il costo “politico” di un ripiegamento degli investimenti e dei consumi interni.

Su tutti questi temi può trovare, però, la sponda italiana. Il governo Meloni è in cerca di sostegno per ottenere un Patto di stabilità meno rigoroso e per fermare quanto prima l’aumento dei tassi BCE che sta colpendo l’economia italiana. Macron ha ottimi rapporti con il governatore Christine Lagarde, sua connazionale. L’anno scorso era arrivato ad offrirle il posto di nuovo ministro dell’Economia nel caso di vittoria elettorale. Nessuno immagina che l’Eliseo alzi il telefono e “ordini” a Francoforte di non alzare più il costo del denaro. Non funziona così. Ma tra questo scenario estremo e quello molto ingenuo per cui la BCE sarebbe indipendente al 100% dalla sfera politica, esistono varie sfumature di realismo. In gergo, si definisce “moral suasion” la capacità di una istituzione di ottenere un certo comportamento da un’altra o da un soggetto privato.

Per Macron possibile sponda di Meloni

Ecco, Macron è così debole da poter avere già iniziato un’opera di persuasione nei confronti di Lagarde. Parigi non si espone mai più di tanto, vuoi per non irritare l’alleato tedesco, vuoi per non mostrarsi debole. La Bundesbank non rinuncerà facilmente alla prosecuzione della stretta anche dopo l’estate. Ma una cosa è che l’Italia abbai alla luna da sola, un’altra che le si schieri contro un fronte folto e politicamente rilevante. Un asse Macron-Meloni sarebbe persino paradossale, visti gli inizi scoppiettanti tra i due. Anche perché agli occhi del primo la seconda rappresenta il suo nemico numero uno in patria: la destra euroscettica lepenista. Ma la politica è l’arte di ottenere risultati costi quel che costi. Non esistono (quasi) mai posizioni inamovibili. Esiste sempre, invece, la necessità di portare a casa dividendi da poter esibire ai propri concittadini. E la debolezza di Macron è tale da dover cercare possibili compromessi con l’Italia meloniana. Gli piaccia o meno. L’alternativa consiste nel recarsi a Berlino col cappello in mano e sentirsi rispondere “nein, mein Freund”.

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