La Commissione europea presenterà oggi la sua proposta di riforma del Patto di stabilità. Lo ha confermato ieri il commissario agli Affari monetari, Paolo Gentiloni, secondo cui essa piacerà anche alla Germania. Ma proprio i tedeschi sembravano alla vigilia i più perplessi, tanto da avere minacciato il veto tramite il ministro delle Finanze, Christian Lindner. Sappiamo che le regole di bilancio nell’Unione Europea furono sospese agli inizi del 2020 con la pandemia. La loro riattivazione avverrà nel 2024. Le vecchie regole prevedevano, anzi formalmente prevedono ancora oggi, un tetto al deficit del 3% rispetto al PIL e un rapporto debito/PIL massimo del 60%.

I paesi con debito eccessivo devono impegnarsi a ridurre la quota eccedente di un ventesimo (5%) all’anno.

Il Patto di stabilità fu pensato negli anni Novanta, quando solo l’Italia sostanzialmente superava nettamente il rapporto debito/PIL del 60%. Adesso, è in buona compagnia di paesi come Francia, Spagna, Portogallo, senza considerare la Grecia al 175%. La stessa Germania con la pandemia è tornata sopra il 60%. Le indiscrezioni di questi mesi parlano di una riforma all’insegna della “flessibilità”, che non va intesa come un liberi tutti. Semplicemente, le regole sarebbero tarate sulle condizioni fiscali specifiche di ciascun paese. Centrale diverrebbe il negoziato bilaterale tra stato nazionale e Commissione. Dopodiché, maggiore trasparenza in fase di attuazione delle regole.

Patto di stabilità ad personam?

La Germania guida il fronte dei cosiddetti “frugali”, di cui fanno parte paesi come Olanda, Austria, Finlandia e Svezia. Essi pretendono regole certe, trasparenti e sanzioni automatiche nel caso di violazione. Lamentano, ad esempio, che paesi come Francia e Spagna prima della pandemia violarono a lungo senza conseguenze il tetto del deficit. Così, eccepiscono, il Patto di stabilità non è credibile. Anzi, non lo sarebbe tutta la governance finanziaria di Bruxelles.

All’Italia l’idea di una maggiore flessibilità sui conti pubblici piace, ma teme l’effetto stigma.

Infatti, nel negoziare con i singoli paesi la Commissione prevedrebbe di inserire ciascuno di essi all’interno di gruppi omogeni per caratteristiche fiscali. In altre parole, i paesi virtuosi da una parte e quelli a rischio dall’altra. L’Italia, con un debito pubblico al 144,4% a fine 2022, si ritroverebbe certamente nel gruppo dei peggiori, assoggettata alle regole di bilancio più rigide. A fronte di un impegno a tagliare il rapporto debito/PIL dello 0,5% all’anno, la Germania pretenderebbe che esso salisse all’1% per i paesi più a rischio.

Test per governo Scholz

Non solo maggiori sacrifici degli altri, ma anche la stigmatizzazione ufficiale dell’essere considerati un paese peggiore sul piano dei conti pubblici. Alla luce del “warning” ufficioso di Moody’s, non è un rischio da sottovalutare. Italia e Francia possono fare asse in questa fase. Emmanuel Macron è molto indebolito in patria dopo la contestatissima riforma delle pensioni. Tuttavia, proprio per questo potrà fare valere le sue proposte al tavolo negoziale con i partner del Nord Europa. E Parigi, che ha chiuso il 2022 con un debito al 111,60%, non è certo nelle condizioni di imitare la Germania. Al contrario, essa vorrebbe una riforma del Patto di stabilità nella direzione di garantire maggiormente il sostegno alla crescita economica tramite gli investimenti.

Il processo di riforma non si chiude oggi, ma è solo all’inizio. La presentazione ufficiale sarà il 17 maggio, dopo spetterà ai capi di stato e di governo trattare per cercare di ottenere modifiche ciascuno nella direzione auspicata. Quel che è certo, però, è che la bozza non potrà essere del tutto stravolta, altrimenti la credibilità della Commissione traballerebbe. La fase è delicata. Un Patto di stabilità immediatamente rigido avrebbe effetti depressivi sulle economie europee, specie mentre la Banca Centrale Europea alza i tassi d’interesse e si ritrae dal mercato obbligazionario.

D’altra parte, urge il riequilibrio fiscale, dopo anni di mani libere dovute al Covid e alla guerra. Sinora la Germania è riuscita a trovare sempre un’intesa con gli alleati del Nord e del Sud Europa. Ma questa è una prima per il cancelliere Olaf Scholz, le cui doti di mediatore e leader, complice un governo federale praticamente diviso su tutto, ad oggi sono risultate scadenti.

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