La comunicazione della Banca Centrale Europea (BCE) sui tassi d’interesse non piace per nulla al governo italiano. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, lo ha detto senza fronzoli questa settimana. “La Federal Reserve sta facendo bene, la BCE no”. A suo avviso, il rialzo dei tassi d’interesse negli Stati Uniti risulta giustificato dall’eccesso di domanda che ha scatenato l’inflazione, mentre nell’Area Euro questa sarebbe solo il frutto della crisi energetica. La linea di Roma non cambia: la stretta monetaria non agisce sull’inflazione, che perlopiù è dovuta a una carenza di offerta e non ad un eccesso di domanda.

Tra Meloni e Macron rapporti burrascosi

Francoforte sta andando nella direzione opposta. I “falchi” sono usciti in avanscoperta definitivamente nelle ultime settimane. Hanno abbandonato la prudenza, quando hanno notato che gli ultimi dati macro allontanano lo spettro recessione dall’Eurozona e paventano, al contrario, il rischio di un’inflazione nettamente sopra il target BCE del 2% per un periodo prolungato.

Si direbbe che Roma sia sola nella sua battaglia contro i mulini al vento. Non è così. Il suo alleato più prezioso in questa fase è diventato paradossalmente Emmanuel Macron. I rapporti con la nostra premier Giorgia Meloni non sono buoni, per usare un eufemismo. Tra liti sui migranti e “photo in-opportunity” all’Eliseo con il cancelliere Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, tra Roma e Parigi sono volati gli stracci nelle ultime settimane. Forse i due non si piacciono neppure sul piano personale. Chissà! Fatto sta che, come spesso ha avuto modo di affermare la premier, “non siamo all’asilo e continuiamo a parlarci, perché siamo capi di stato e di governo”.

Aperture Francia su tassi BCE

In questi giorni, sembra che l’irritazione dell’Italia (governo-Bankitalia-Confindustria-sindacati) per il rialzo dei tassi BCE, considerato “eccessivo”, abbia fatto breccia a Parigi.

Il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, aveva dichiarato appena una settimana fa che i tassi BCE avrebbero raggiunto il picco a settembre e che a quel livello sarebbero rimasti “per almeno un anno”, al fine di centrare il target d’inflazione. Passano pochi giorni e arriva la correzione del tiro. “I mercati hanno reagito eccessivamente dopo giovedì (ndr, quando sono usciti alcuni dati macro positivi su Stati Uniti ed Area Euro)”. E ha aggiunto sibillino che “il tasso terminale sarà raggiunto verosimilmente entro settembre, ma non è detto che la BCE debba alzarlo a ogni incontro”.

In altre parole, la Francia starebbe facendo da sponda all’Italia per mitigare le posizioni del Nord Europa sui tassi BCE. L’economia francese è in crescita e risulta avere uno dei tassi d’inflazione più bassi nell’area, al 6%”. Per questo l’Eliseo può permettersi di essere “falco” a metà, cioè mezza “colomba”. E vanta su Francoforte un potere di “moral suasion” ben più forte di Roma, non fosse che per il fatto che il governatore Christine Lagarde sia francese. Addirittura, l’anno scorso Macron l’aveva considerata come possibile nuova premier nel caso di riconferma alle elezioni.

Verso asse italo-francese nel board?

In politica, vantare un credito conviene sempre nell’ottica del perenne baratto tra interessi contrapposti. La Francia può agire su Lagarde per ammorbidire il rialzo dei tassi BCE. Farebbe un favore all’Italia, oltre che ai suoi stessi conti pubblici tutt’altro che brillanti, potendo incassare convergenze su altri temi, a partire dagli aiuti di stato e la gestione dei migranti.

Lo stesso Macron si era espresso contro il rialzo dei tassi BCE mesi fa. Tuttavia, Parigi ha voluto evitare di adottare una comunicazione ostile a Francoforte, se non altro per preservare la credibilità dell’istituto e per aumentare l’efficacia del proprio pressing.

Attaccare la BCE riduce, anziché aumentare, le probabilità che Lagarde venga incontro alle richieste dell’Italia. In nessun caso ella potrebbe anche solo dare l’immagine di essere politicizzata, altrimenti in dubbio vi sarebbe la stessa efficacia e la credibilità della politica monetaria. L’asse italo-francese, se esiste, farà da contraltare a quello certo tra i governatori del Nord Europa nel board. Vedremo con quali risultati alla riunione di marzo.

[email protected]