Giorgia Meloni ha avvertito la necessità, a notte fonda dopo l’Eurogruppo di giovedì 9 a Bruxelles, di comunicare la posizione dell’Italia a favore delle telecamere: “è andata bene, benissimo”. Parole che cercano di allontanare lo spettro del flop dopo la “photo opportunity” a Parigi del giorno prima con Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky insieme all’Eliseo. Se la Francia rivendica il suo “ruolo particolare” nella vicenda Ucraina, a Roma interessa portare a casa risultati concreti sul fronte spinoso degli aiuti di stato.

La proposta della Commissione europea di istituire un fondo sovrano con debito comune per mettere tutti i paesi in una posizione di uguaglianza sul tema non è stata accolta dall’Eurogruppo. La presidenza di turno svedese non gioca certo per dare una mano in tal senso. Anzi, Stoccolma è contrarissima alla sola ipotesi.

Timido compromesso italo-tedesco

Tuttavia, un primo compromesso c’è stato, pur preliminare. L’Italia avalla l’allentamento delle regole sugli aiuti di stato, come richiesto da paesi come la Germania con spazi di manovra fiscale. In cambio, però, ha chiesto e preliminarmente ottenuto l’OK tedesco per consentire ai paesi beneficiari del PNRR di utilizzare parte delle risorse per erogare incentivi “green”. In altre parole, anziché varare un nuovo fondo sovrano, l’Europa darebbe a paesi come l’Italia l’opportunità di sfruttare il PNRR per mettersi alla pari con il Nord Europa e permettersi così gli aiuti di stato a favore della propria industria.

Una soluzione che dovrà essere definita meglio al prossimo Eurogruppo di marzo. C’è di positivo che l’Unione Europea inizia a reagire all’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti. Ma bisogna capire come. Fare saltare il mercato unico equivarrebbe a togliersi la terra da sotto i piedi. Verrebbe giù la costruzione comunitaria degli ultimi decenni. E, venendo nel concreto, se l’Italia potrà usare i fondi del PNRR per gli aiuti di stato, ci saranno minori risorse per finanziare gli obiettivi concordati tra il 2020 e il 2021.

In altre parole, con una mano prendiamo e con l’altra diamo.

Su aiuti di stato, Roma sta con Bruxelles

Il governo Meloni dovrà trattare a fondo con quello tedesco. L’intesa tra Italia e Germania sbloccherebbe tutto. La Francia di Macron, malgrado le continue punzecchiature reciproche, è più vicina alla posizione di Roma. Parigi non potrebbe permettersi gli stessi aiuti di stato di Berlino. D’altra parte, quasi il 30% di quelli approvati dalla Commissione nel triennio scorso sono andati alle imprese francesi, molti meno del 50% finiti alle concorrenti tedesche, ma certamente una percentuale preponderante rispetto al resto del continente. L’Italia sprofonda sotto il 5% ed è terza.

Paradossale che sembri, l’Italia di Meloni in questa fase rappresenta la posizione ufficiale dell’Unione Europea contro i tentativi tedesco-olandesi di smantellare il mercato unico pro domo loro. E’ senz’altro vero che l’Unione non sia un club inter pares, che l’asse franco-tedesco conti sempre più di ogni altra coalizione tra paesi comunitari. Tuttavia, l’Italia non è isolata affatto. Al contrario, mai come adesso ha dalla sua non solo il consenso di Sud ed Est Europa, ma anche delle istituzioni comunitarie e del sistema produttivo nazionale. E la premier Meloni deve sfruttare questa congiuntura per portare a casa ciò che le interessa più di tutto: la flessibilità del PNRR a favore degli aiuti di stato. E’ un fatto di sopravvivenza del sistema Italia.

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