L’obiettivo è di giungere a un’industria ad emissioni zero. Per arrivarci serve implementare il Green Deal, un piano verde di cui i capi di stato e di governo dell’Unione Europea discuteranno al Consiglio del 9-10 febbraio. Per l’Italia sarà chiaramente presente la premier Giorgia Meloni, che ha ottenuto un assist estremamente importante in questi giorni. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, punta ad allentare la disciplina sugli aiuti di stato, al fine di creare “un ambiente normativo semplificato”, si legge nel documento di 17 pagine anticipato dal Corriere della Sera.

Per il medio periodo, Bruxelles vorrebbe sostenere gli investimenti necessari attraverso la creazione di un fondo sovrano europeo entro l’estate.

Boom! Una bomba politica. La Germania è fortemente ostile a questa seconda parte del Green Deal. Berlino vorrebbe solo un affievolimento delle leggi sugli aiuti di stato. In questo modo, potrebbe aiutare l’industria tedesca con maxi-incentivi che gli altri principali governi europei non potrebbero permettersi a causa delle ristrettezze di bilancio. Per questo l’Italia si è mostrata con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, contraria al solo allentamento delle regole sugli aiuti stato e con la premier Meloni ha invocato pochi giorni fa il fondo sovrano europeo.

Fondo sovrano europeo per salvare il mercato unico

Esso garantirebbe a tutti gli stati comunitari pari possibilità di sostegno alle rispettive industrie. Sarebbe salvaguardato il mercato unico, il quale rischierebbe altrimenti la frammentazione per via dell’alterazione della concorrenza interna. L’uguaglianza delle regole è stato il pilastro fondamentale su cui si è fatta strada la Comunità Economica Europea prima e l’Unione Europea poi. Questa convergenza apparentemente anomala tra von der Leyen e Meloni non vi sembra sospetta? La tedesca girerebbe sul punto le spalle al proprio paese per abbracciare le posizioni di un partner del Sud Europa.

Il discorso sul fondo sovrano europeo è più squisitamente politico di quanto crediamo. In primis, perché Bruxelles capisce che inseguire i desiderata tedeschi porterebbe allo sfascio dell’intera costruzione istituzionale. E, soprattutto, von der Leyen non avrebbe alcuna intenzione di lasciare la capitale belga dopo la fine del suo mandato nell’ottobre dell’anno prossimo. Orfana della sua mentore Angela Merkel, ora che a Berlino c’è un governo di centro-sinistra non avrebbe più dove sistemarsi sul piano politico-istituzionale. E così, cerca la riconferma. Un secondo mandato le sarebbe possibile solo ampliando le convergenze sul suo nome. Se l’Italia si mettesse di traverso, la sua nomina dopo le sue elezioni europee della primavera 2024 salterebbe.

E Meloni non è solo premier di uno degli stati fondatori della UE. E’ anche a capo del gruppo ECR, i conservatori europei che includono i polacchi al governo. Il suo appoggio aprirebbe la strada a una nuova maggioranza Ursula, stavolta retta dall’asse tra popolari e destra conservatrice. Non è un mistero che il PPE vorrebbe allentare i rapporti con i socialisti dopo lo scandalo del Qatargate. Sarà anche per questo che Manfred Weber, che del PPE ne è il capo, ha incontrato Meloni già un paio di volte in pochi giorni?

Green Deal oggetto di baratto

Il bis di von der Leyen sarebbe tutt’altro che semplice. La prima donna a capo della Commissione non ha dato prova di grandi capacità gestionali, specie in situazioni complesse come pandemia e guerra. E poi c’è un certo Mario Draghi che in tanti vorrebbero a Bruxelles per dare smalto e prestigio a un’istituzione appannatasi negli anni tra gaffe e passi incerti.

Il fatto che von der Leyen proponga il fondo sovrano europeo non implica anche che esso sarà approvato. Serve un forte consenso politico che al momento manca. Fosse per il cancelliere Olaf Scholz si farebbe, ma i suoi alleati liberali al governo si mostrano contrari, così come lo sono anche gli stati alleati come Olanda e Svezia.

Ma l’Italia non è sola come gran parte della stampa scriveva agli esordi del governo Meloni. Certo, non aiuta la presidenza di turno della UE svedese. Gli scandinavi nutrono profondo scetticismo verso il Sud Europa e si mostrano contrari a qualsiasi ipotesi di mutualizzare i debiti. Siamo agli inizi di una trattativa complicata, che oltre al fondo sovrano europeo riguarda almeno due altri capitoli spinosi: la ratifica del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) da parte dell’Italia e la riforma del Patto di stabilità.

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