Il Milan verrebbe escluso dall’Europa League. Il New York Times riporta indiscrezioni arrivate da Nyon, dove la Camera investigativa della UEFA avrebbe suggerito a quella giudicante di sanzionare il club rossonero con il massimo della pena prevista per avere infranto le regole del “fair play” finanziario. La sentenza arriverà solo il 7 giugno e fino ad allora avremo solo dei sentito dire e indiscrezioni non provate, ma certo che in queste ore in via Aldo Rossi si respira un’aria pesante, per quanto la speranza di evitare l’esclusione dalle coppe europee non sia venuta meno tra i dirigenti della società.

A dicembre, il club si era visto respingere il “voluntary agreement”, mentre a maggio era stato rispedito al mittente pure il patteggiamento con il “settlement agreement”.

Preoccupa la situazione finanziaria e, in particolare, quella della proprietà. Il titolare cinese Yonghong Li viene ritenuto dalla UEFA con un patrimonio non solido e persino perlopiù ignoto. L’ad Marco Fassone si è precipitato nelle settimane scorse a Nyon per cercare di fare passare la linea della distinzione tra club e società. In effetti, il rifinanziamento dei 123 milioni di debiti in scadenza verso Elliott non sarebbe un problema per il Milan, mentre nessun fondo o banca vorrebbe prestare denaro a Li, che agli americani dovrà restituire in ottobre 180 milioni, oltre agli interessi.

Possibile ancora evitare un danno d’immagine e alle casse del club di così elevata portata? Qui, si apre un giallo. La società ha richiesto a Li altri 10 milioni di euro da versare entro lunedì prossimo. In teoria, se entro la scadenza non provvedesse a farlo, una clausola consentirebbe a Elliott di pagare al posto suo e lo metterebbe in mora per 15 giorni, decorsi i quali rileverebbe la società, sottraendola proprio al cinese per un costo complessivo di appena 350-360 milioni, meno della metà di quanto varrebbe e, soprattutto, dei 740 milioni complessivamente sborsati dall’attuale proprietario per aggiudicarsela appena 13 mesi fa.

Li ha sempre onorato i debiti e sembra poco probabile che rischi un investimento così ingente per una manciata di milioni. Tuttavia, non solo naviga in cattive acque, ma potrebbe anche essere costretto a prendere atto di non disporre di sufficienti risorse finanziarie per rilanciare il club. E chissà che, con un Milan passato nelle mani di un creditore solido e dalla reputazione positiva, la UEFA non eviti di andarci con la mano pesante.

Milan: UEFA nega anche il patteggiamento. E ora che succede ai rossoneri di Gattuso?

Lo scontro ai vertici del calcio mondiale

Il problema resta nei tempi. La sentenza arriverà il 7, ma per allora non si saranno definiti i contorni dell’operazione in atto tra Li e società. A dire il vero, già alla UEFA è stato fatto presente da Elliott che interverrebbe a sostegno del club nel caso di insolvenza del cinese, cosa che dovrebbe convincere, almeno in teoria, i dirigenti europei a non escludere il Milan dall’Europa League, limitandosi a sanzioni economiche e al blocco/limitazioni del calciomercato per diverse finestre. Se la continuità aziendale rappresenta una delle condizioni fondamentali poste alla base del fair play finanziario, non dovrebbero esservi dubbi sul fatto che, anche se Li fallisse del tutto, vi sarebbe ugualmente un proprietario in grado di assicurare il funzionamento delle attività societarie.

Questi sono ragionamenti tecnici, che potrebbero scontrarsi, tuttavia, con una realtà ben diversa e molto meno favorevole ai rossoneri, i quali rischiano di pagare per situazioni che stanno ben al di sopra delle loro teste. Non vogliamo buttarla nel complottismo tipico di noi italiani nei momenti di difficoltà, ma è indubbio che si stia consumando uno scontro ai vertici tra il calcio mondiale e quello europeo.

La FIFA propugna un nuovo Mondiale per Club a cadenza quadriennale dal 2021 e che porterebbe nelle casse delle 24 squadre partecipanti, di cui la metà europee, circa 2 dei 3 miliardi offerti da un consorzio privato rimasto ad oggi anonimo. Il torneo si disputerebbe con ogni probabilità in Cina e vedrebbe la partecipazione di club, il cui numero verrebbe individuato per area geografica e sulla base anche di criteri meritocratici, come il numero di coppe continentali vinte. Vi farebbero parte nel 2021 proprio il Milan, l’Inter, la Juve per le italiane, i cui allenatori hanno incontrato il presidente e il segretario della FIFA, rispettivamente Gianni Infantino e Zvonimir Boban, esprimendo loro parere favorevole. Il solo accesso staccherebbe a ciascuna un assegno di 60 milioni, che arriverebbe più che a raddoppiare nel caso di vittoria. Si consideri che l’attuale versione minimale del Mondiale per Club vale spiccioli e non gode nemmeno di grande prestigio internazionale.

Cosa c’entra tutto questo con i guai finanziari del Milan? La UEFA è contraria alla rivisitazione del torneo, temendo che esso minacci la Champions League, la competizione calcistica più importante al mondo e anche la più ricca con i suoi 3,9 miliardi incassati solo dai diritti TV per le prossime tre stagioni insieme all’Europa League. La risposta positiva delle italiane alla FIFA non sarebbe, quindi, stata gradita dalla UEFA, che magari punterebbe a fare pressione su Andrea Agnelli, a capo dell’Associazione club di calcio d’Europa. Insomma, il Milan rimarrebbe vittima di un avvertimento che i dirigenti del calcio europeo invierebbero a tutte le squadre che si mostrino entusiaste del nuovo torneo internazionale. Supposizioni, certo, che potrebbero essere spazzate via da una sentenza meno dura delle previsioni più fosche di giovedì prossimo.

UEFA contro FIFA a tutela della Champions League

Calcio italiano in stallo

Con l’Italia fuori dai Mondiali di Russia e una Serie A senza contratto sui diritti TV per le prossime 3 stagioni ad appena 2 mesi e mezzo dall’inizio del prossimo campionato, il calcio italiano si mostra il ventre molle d’Europa, nonostante i risultati ottenuti proprio nelle coppe europee di questi ultimi anni ci vedano tra i grandi protagonisti del continente, pur incapaci di concretizzare all’atto finale.

Proprio oggi, la Lega di Serie A ha annunciato che il 5 giugno prossimo, scaduti i 7 giorni di messa in mora di Mediapro sulla esibizione della fideiussione bancaria, verranno pubblicati 2 o più pacchetti per la cessione dei diritti, assegnando agli operatori tempo fino al 7 per presentare offerte. Quelle ritenute più interessanti saranno oggetto di trattativa privata già dal giorno successivo. Resta il fatto che il vincitore del bando secondario non sta adempiendo ai suoi obblighi contrattuali, non trovandosi in grado di incassare gli 1,05 miliardi impegnati per l’acquisto dei diritti, segno delle difficoltà del calcio italiano di mostrare adeguato appeal agli investitori.

La stessa Mediapro, insieme a BeIn Sports, si è aggiudicata nei giorni scorsi i diritti per la Ligue 1 francese per 1,153 miliardi. La Serie A si attendeva di incassare un totale di 1,45 miliardi a stagione, tenuto conto anche dei diritti esteri, ma sarà un miracolo se riuscirà ad avvicinarsi agli 1,25, sostanzialmente in linea con il triennio in corso e poco più rispetto ai club transalpini, che certo non sono mai stati nostri diretti concorrenti sul piano della godibilità dello spettacolo. Siamo di fronte a un anno nero per la tenuta del calcio italiano, nonostante la Serie A abbia archiviato la stagione 2016/2017 con incassi record per 2,9 miliardi, di cui 700 milioni di plusvalenze e stia portando agli stadi più tifosi. In sostanza, restiamo fermi, mentre tutti gli altri corrono. E il +60% messo a segno dalla lega francese, grazie a colpi di mercato come Neymar, Edinson Cavani e Kylian Mbappé, ci dovrebbe fare riflettere.

Diritti Serie A, sarà ancora Elliott a sbloccare lo stallo?

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