Banconote da 500 euro, addio. Sì, ma chi le ha mai viste? Sarà capitato qualche volta di averla tra le mani, per il resto è diventata una rarità anche la banconota da 200 euro, per cui non dovrebbe cambiare quasi niente nelle vite di 340 milioni di cittadini dell’Eurozona. Dall’1 gennaio di quest’anno, infatti, la BCE smetterà di stamparne di nuove, sebbene la Bundestag e la Oesterreichische Nationalbank avranno tempo fino al 26 aprile prossimo, prima di cessarne l’immissione di nuove. Nonostante questo taglio rappresenti appena il 2,4% della massa delle banconote in circolazione, ne costituisce il 21,7% del valore complessivo.

Tuttavia, la distribuzione non è mai stata realmente diffusa, bensì concentrata nelle mani del sistema bancario, che ha utilizzato il taglio più elevato previsto da Francoforte per le sue riserve di liquidità.

Divieto uso contante: dopo la banconota da 500 euro, la Germania svela il trucco

Due anni fa, il governatore Mario Draghi annunciava la clamorosa decisione di fermare le stamperie dei 500 euro a partire dal 2019. La Bundesbank si oppose e protestò, intravedendo il rischio di una guerra al contante. In effetti, la Germania ha avuto ragione a temere questo esito. Ovunque nel mondo, quando si parla di mettere fuori corso legale i tagli più alti lo si giustifica sempre con l’ipotesi che questi vengano utilizzati da trafficanti, evasori fiscali e terroristi per sfuggire alle leggi e/o al fisco. In America, da molti anni si parla di eliminare le banconote da 100 dollari, in modo da accrescere ulteriormente la quota di cittadini che fanno uso dei pagamenti elettronici per gli acquisti e massimizzare così il gettito fiscale e la trasparenza nei movimenti di denaro.

Verso una società senza contante in Svezia

La Svezia non ha messo fuori corso alcuna banconota, ma negli ultimi anni ha raggiunto il risultato sorprendente di essere diventata la prima realtà “cashless” al mondo, con appena il 2% degli scambi regolati in contante.

Lungi dal mostrarsi soddisfatta, la Riksbank ha lanciato pochi mesi fa l’allarme sulle conseguenze negative di un siffatto modello, sostenendo che a farne le spese sarebbero i cittadini meno abbienti, gli immigrati e gli anziani, cioè le fasce della popolazione meno tecnologizzate e spesso senza alcun conto corrente su cui far transitare il denaro per fare acquisti con carte di pagamento. Eppure, la guerra al cash si è spinta qui così oltre, che ormai persino gli autobus si rifiutano di accettare pagamenti in contanti e nelle chiese iniziano a utilizzarsi le app per le offerte. Tutto, pur di non soggiacere alla stigmatizzazione sociale dell’uso del contante, equiparato quasi ormai a un atto di trasgressione delle leggi.

La Svezia rivuole il suo denaro contante

Germania e Italia condividono la cultura del cash e ancora la gran parte delle transazioni avviene qui con banconote e spiccioli. I tedeschi guidano il fronte della difesa del contante, considerato dalla Bundesbank “diritto umano”, temendo che la sua abolizione possa portare a uno strapotere delle banche centrali, ai danni dei risparmiatori. Potrebbero essere imposti tassi negativi sui conti bancari o i governi potrebbero effettuarvi prelievi forzosi senza che i titolari abbiano possibilità di sfuggirvi. Nulla di tutto questo avrebbe in mente la BCE, che ha assicurato che in un arco di tempo “illimitato” le banconote da 500 euro continueranno ad essere accettate per i pagamenti tra privati o nei confronti della Pubblica Amministrazione. Insomma, non sono fuori corso legale dall’1 gennaio, semplicemente non ne verranno stampate di nuove e, quindi, faranno gradualmente la loro scomparsa negli anni prossimi.

L’esempio dell’India

Dunque, nessun problema in vista per quanti detenessero a casa un qualche pezzo da 500 euro o ne ricevessero in pagamento in futuro? In teoria, sì.

Eppure, l’India ci spinge a ipotizzare scenari più estremi. Era l’8 novembre del 2016 e mentre l’America sceglieva il suo nuovo presidente, il premier Narendra Modi annunciava la messa fuori corso dalla mezzanotte successiva delle banconote da 1.000 e 500 rupie, quelle dal valore più alto, anche se corrispondenti allora solo a 13 e 6,50 dollari rispettivamente. Agli indiani fu assegnata qualche settimana di tempo per provvedere alla loro sostituzione, un’operazione colossale, considerando che tali pezzi rappresentavano l’86% del valore totale del circolante e che il 98% delle transazioni avveniva e tutt’ora avviene in contante nel subcontinente asiatico. Le file degli indiani davanti alle banche divennero l’emblema della carenza di liquidità in cui piombò l’economia, che a sua volta provocò una temporanea caduta dei consumi.

Le vecchie banconote rese illegali dalla sera alla mattina poterono essere scambiate con altre di nuova emissione o con pezzi di valore minore già circolanti, ma sopra le 250.000 rupie (3.500 dollari) sarebbe scattata la segnalazione automatica al fisco, così che si potesse indagare sulla loro provenienza. L’obiettivo dell’operazione del governo consistette nel cercare di abbattere l’amplissima economia sommersa indiana, sebbene i risultati furono pressoché nulli. Solo lo 0,7% delle banconote non venne scambiato, segno che quasi tutte tornarono indietro senza alcun problema. Com’è stato possibile aggirare le norme? Semplicemente, “vendendo” a sconto le vecchie banconote a terzi, così da non superare il limite delle 250.000 rupie ed evitare la segnalazione, nel caso non si fosse stati in grado di giustificare la provenienza delle somme eccedenti. Dunque, si creò un mercato nero delle banconote fuori corso, anziché innescarsi un circolo virtuoso per l’economia ufficiale.

La guerra al contante in India è stata un fallimento e pure controproducente

E’ l’inizio della guerra totale al contante?

La Corea del Nord, in maniera certamente più cruenta, aveva fatto lo stesso negli anni Novanta, ritirando i vecchi won con altri di nuova emissione, in modo da scovare quanti detenessero quantità inspiegabilmente alte di denaro, segno tangibile di infrazione delle rigidissime norme contrarie alla libertà economica nello stato comunista eremita.

Ora, non stiamo dicendo che la BCE si comporterà come Pyongyang, semmai che possa imitare il modello indiano, per quanto rivelatosi fallimentare, annunciando un giorno che le banconote da 500 euro dovranno essere tutte scambiate entro una certa data, oltre la quale non sarebbero più accettate come valide. Anche in quel caso, lo scopo sarebbe di stanare potenziali criminali ed evasori fiscali, ma data la loro scarsissima diffusione tra le famiglie, molto difficile che si otterrà un qualche minimo risultato. In fondo, quand’anche un cittadino si trovasse in casa 10 banconote da 500 euro ottenute da redditi non dichiarati, avrebbe sempre il modo di giustificare al fisco una somma modesta di 5.000 euro.

Il rischio concreto, quindi, sarebbe un altro, cioè che la BCE stia preparando il terreno per ritirare nel corso dei prossimi anni anche gli altri tagli più grossi, come quelli da 200 euro per primi, così da disincentivare l’uso del contante, rendendolo complicato. Immaginatevi se con il tempo ci abituassimo a pensare che persino per i 50 euro i giorni sarebbero contati. Parliamo del 42,5% del valore del contante circolante, qualcosa come 505,5 miliardi di euro in tutta l’area. Questa sarebbe la vera “ciccia” da aggredire per stanare eventuali evasori, facendoli uscire allo scoperto con la necessità di portare il denaro in banca per essere scambiato. Se ciò fosse vero, saremmo solo agli inizi di un graduale processo di abolizione del contante per vie traverse, vale a dire spingendo gli attori dell’economia a effettuare sempre più pagamenti in modalità tracciabile e seminando il panico tra grandi e piccoli evasori fiscali, oltre che tra chi svolgesse attività illegali, dato l’alto rischio che prima o poi, così come in India, parte consistente delle banconote venga messo fuori corso legale e al di sopra di una certa soglia detenuta si farebbero le pulci a chi dovesse portarle in banca per scambiarle.

Tetto al contante, Salvini vorrebbe abolirlo e l’economia lo ringrazierebbe

[email protected]