Dopo 12 ore di colloqui, la Grecia e i suoi creditori pubblici (UE, BCE e FMI) hanno trovato un accordo per l’introduzione di nuove misure di austerità fiscale a partire dal 2019, necessarie per l’ottenimento di aiuti per 7,4 miliardi, all’interno del pacchetto da 86 miliardi relativo al terzo salvataggio sottoscritto nell’estate del 2015. L’intesa dovrà ancora essere ratificata dall’Eurogruppo del 22 maggio, ma sembra che dopo un anno e mezzo di impasse si sia finalmente vicini a un rilancio dei rapporti tra Atene e i governi europei, in particolare, grazie alle riforme che il governo Tsipras si è impegnato a varare per tagliare le pensioni e per aumentare la base imponibile, limitando il generoso sistema delle detrazioni.

Nel dettaglio, le misure varranno il 2% del pil e consentiranno alla Grecia, stando al Fondo Monetario Internazionale, di centrare un avanzo primario al 2,2% del pil nel 2018 e al 3,5% per il triennio 2019-2021. Esse prevedono dal 2019 tagli alle pensioni fino a un massimo del 18% degli importi attuali per gli assegni principali e della stessa entità anche per gli assegni accessori. La Grecia spende la più alta percentuale del pil in Europa per la previdenza, circa il 17,5%, di cui il 13,3% relativo alle sole pensioni di vecchiaia. (Leggi anche: Grecia taglia pensioni di reversibilità)

Le riforme ottenute e le concessioni della Troika

Dall’anno seguente, la “no tax area”, ovvero il reddito esente dal pagamento delle imposte, scende dagli attuali 8.636 euro a 5.681 euro per i contribuenti singoli e fino a 6.700 euro per quelli con coniugi e figli a carico. L’obiettivo di quest’ultimo provvedimento, molto invocato dai creditori, consiste nell’aumentare la base imponibile e consentire così al governo ellenico di incamerare ulteriori entrate.

Per contro, i creditori hanno concesso qualcosa ad Atene, come un piano di aiuti per 260 milioni di euro per le coppie sposate con almeno 1-2 figli, contributi fino a un massimo di 1.000 euro all’anno per l’affitto in favore delle famiglie a basso reddito, un aumento dei pasti alle mense scolastiche e minore compartecipazione alla spesa farmaceutica da parte delle famiglie, in base al loro reddito.

E dall’anno prossimo sarà possibile reintrodurre la contrattazione pubblica per gli stipendi, ma non tornerà il previo assenso del Ministero del Lavoro. Dal canto suo, il governo Tsipras si è anche impegnato a privatizzare il 30-40% della compagnia energetica nazionale, che naviga a dir poco in cattive acque, travolta da una montagna di bollette dei clienti non pagate. (Leggi anche: Grecia, nuovi aiuti in cambio di promesse)

Ristrutturazione del debito greco vicina

L’intesa delle scorse ore consentirà nel breve ad Atene di schivare l’ennesimo rischio default, con pagamenti attesi per 7,4 miliardi a luglio, di cui un paio verso la stessa BCE. Esborsi, che il governo non sarebbe in grado di sostenere senza liquidità esterna. E nel medio termine, i greci potranno anche spuntare un grosso risultato: la ristrutturazione del debito.

Nessuno vuole sentir parlare ufficialmente di “haircut” o taglio tra i creditori, ma dopo il quasi avallo del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ad oggi il più ostile a tali concessioni, è di fatto pressoché certo che dopo le elezioni federali in Germania si apra ufficialmente questo capitolo, con la previsione di un ulteriore abbattimento dei già bassissimi interessi sul debito, nonché di una dilazione dei pagamenti e forse anche l’allungamento del periodo di grazia, in scadenza nel 2022, nel corso del quale Atene non è tenuta né a rimborsare i prestiti ai governi dell’Eurozona, né a pagarvi gli interessi. (Leggi anche: Grecia, come Tsipras potrà ottenere nuovi aiuti)