Dal mercato del lavoro non arrivano quasi mai, per non dire mai, notizie positive riguardanti l’Italia, che vanta tra i più bassi tassi di occupazione nelle economie avanzate, bassi livelli di produttività, alta disoccupazione e una infima partecipazione delle donne, la cui carriera professionale risulta tra le meno longeve di tutta Europa. Eppure, quando siamo alla vigilia della Giornata Internazionale delle Donne, possiamo offrirvi con soddisfazione almeno un dato: le lavoratrici italiane sono le meno discriminate nel Vecchio Continente sulla base della retribuzione.

Il cosiddetto “gender pay gap”, ovvero le distanze con la retribuzione media di un collega uomo, è da noi pari a solo il 5,5%, il più basso insieme al Lussemburgo, tre volte in meno la media europea, che è del 16,3%.

Fatto 100 lo stipendio medio di un lavoratore maschio europeo, una donna percepirebbe appena 84. In Italia, su 100 euro percepiti da un uomo, una donna ne porta a casa quasi 96. Le disparità di genere, quindi, almeno sul piano retributivo, sembrano essere nel nostro paese di gran lunga più basse che altrove. (Leggi anche: Disparità di genere al lavoro? Donne islandesi scioperano alle 14.38)

Imprenditori italiani meno maschilisti?

Il distacco maggiore tra le buste paga di un uomo e quelle di una donna si hanno, invece, in Estonia (26,9%), Repubblica Ceca (22,5%), Germania (22%), Austria (21,7%) e Regno Unito (20,8%). Fa impressione notare come persino la Scandinavia, considerata molto progredita in tema di lotta alle disuguaglianze di ogni tipo, registri disparità di genere relativamente elevate: a circa il 14% in Svezia, al 17% in Finlandia e al 15% in Danimarca.

Datori di lavoro italiani più virtuosi dei concorrenti stranieri? Uhm, la spiegazione è un po’ più complessa. Il dato positivo dell’Italia risente dell’incidenza elevata che ha da noi l’impiego pubblico. Infatti, distinguendo tra settore pubblico e settore privato, scopriamo che le donne vengono pagate meno dei colleghi maschi nel primo di appena il 2,9%, ma di ben il 19% nel secondo.

(Leggi anche: Crisi lavoro Italia, occupazione trainata solo da donne)

Non va malissimo nemmeno nel settore privato

Limitandoci alle dipendenti pubbliche, si confermano tra le meno discriminate d’Europa, visto che fanno meglio solo il Belgio (0,4%) e Cipro (-6,8%). In quest’ultimo, le donne vengono mediamente meglio retribuite degli uomini da parte degli enti pubblici. Nel nostro caso, essendo le donne occupate in larga misura nel Pubblico Impiego, risentono delle norme di maggiore tutela sul piano dell’uguaglianza dei diritti qui applicati.

Spostando l’attenzione sul solo settore privato, la situazione italiana si fa meno rosea, per quanto si situi in una posizione media. Le disparità di genere retributive minori si hanno in Romania (6%), Slovenia (7,8%) e Belgio (9,6%), mentre quelle maggiori si riscontrano in Germania (24,6%), Cipro e Repubblica Ceca (23,4%) e Portogallo (22,8%).

Se sei donna, fuggi da finanza e scienza

Analizzando le disparità retributive per classi di età, scopriamo che le giovanissime(15-24 anni) sarebbero le più discriminate in Italia, percependo il 10,7% in meno dei loro colleghi maschi, mentre subito dopo, ovvero tra i 25 e i 34 anni, le distanze crollano ai minimi termini, ovvero al 4,8%, salendo di poco (5,6%) nei 35-44 anni e ancora tra i 45-54 anni al 7,4%, calando al 6,3% per le over 55.

Infine, quanto ai settori di attività con il maggiore gap, si trova la situazione peggiore in Italia per le professioni scientifiche e tecniche, dove le distanze retributive tra uomini e donne esplodono al 29,1% e va male anche nell’ambito finanziario e assicurativo, dove una donna prende il 22% di stipendio orario medio in meno di un uomo. Ma anche in questi ambiti, le lavoratrici italiane si confermano tra le meno discriminate. A titolo di confronto, una donna in Germania percepisce il 30,7% in meno di un collega uomo nel campo tecnico-scientifico, a Cipro il -34,8% e in Austria -31,2%.

Nel campo finanziario, meglio di noi fa solo la Germania con il -20%, mentre si sale al -40,9% della Repubblica Ceca e al -38,5% della Lituania. (Leggi anche: Part-time prima della pensione, donne discriminate)