C’è una china, che le principali economie del pianeta stanno prendendo negli ultimi tempi, che va nella direzione di restringere progressivamente l’uso dei pagati in contante. In Italia, sin dal 2012 è entrato in vigore un tetto massimo per le transazioni cash di 999 euro, anche se innalzato a 2.999 euro con la legge di stabilità 2016, a decorrere dall’1 gennaio scorso. Resta l’impedimento, però, di pagare lo stipendio a un dipendente in contanti per cifre dai 1.000 euro.

Alla base della lotta al contante ci sono diverse giustificazioni ufficiali dei governi.

Per prima cosa, si sostiene che il cash aumenterebbe le probabilità di evadere il fisco, ossia di sfuggire al pagamento delle tasse. Secondariamente, che se tutte le transazioni fossero tracciate, ci sarebbe poco spazio per manovre criminali o per finanziare gruppi terroristici. Infine, che il cash sarebbe meno pratico e più costoso.

Grande stampa invoca divieto uso contante

La grande stampa è schierata senza se e senza ma contro l’uso del contante e già questa sarebbe una valida ragione per porsi qualche domanda. Iniziamo subito a chiederci a chi convenga una società senza cash. Certamente, ai governi, che potrebbero così far pagare fino all’ultimo centesimo di tasse a tutti i contribuenti.

Si dirà: e che c’è di male? Non è giusto che tutti paghino il dovuto? La risposta è molto meno scontata di quanto appaia. Un governo, che decidesse di tassare anche l’aria che respiriamo, in una società senza cash non troverebbe alcuna opposizione possibile da parte dei contribuenti, che subirebbero le sue scelte passivamente. Non un estremista, ma il nostro primo presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, sincero liberale, sosteneva che “l’evasione fiscale è giusta”, in quanto esprime la bocciatura dei cittadini dell’inefficienza dei loro governi nella gestione della cosa pubblica.

 

 

 

Banche e governi unici veri vincitori

Sarebbe corretto, ad esempio, pagare le tasse per pagare, oltre ai servizi per il cittadino, anche sprechi di stato sulle spalle di chi lavora e produce? Senza il contante, l’unico modo che i cittadini avrebbero per sfuggire alla scure fiscale sarebbe punire chi li ha governati, mandandoli a casa.

Ma è più facile a dirsi che a farsi. La spesa pubblica crea anche dipendenza: mandereste mai a casa un governo, che ti mandasse un sussidio per startene comodamente seduto sulla tua poltrona del salotto tutto il giorno?

C’è un altro vincitore dall’abolizione del contante: le banche. Tutte le transazioni dovrebbero necessariamente passare per un conto bancario, perché i pagamenti avverrebbero tramite carta di credito o bancomat. Le banche guadagnerebbero per quattro motivi: 1) lucrerebbero dalle commissioni applicate ai pagamenti; 2) si troverebbero a disposizione una liquidità molto più abbondante; 3) potrebbero trasferire ai clienti il costo di manovre monetarie estreme, come i tassi negativi di questi anni, non avendo più il timore di perdere depositi, visto che tutti i cittadini sarebbero costretti di fatto a possedere un conto e a farvi transitare l’intero reddito maturato nell’anno; 4) non subirebbero scossoni nemmeno in caso di bail-in ai danni di uno o più istituti, in quanto la fuga di liquidità dal settore non sarebbe possibile.

Il rischio di una patrimoniale

In poche parole, con la scusa della lotta all’evasione fiscale e alla criminalità organizzata, perderemmo quote di libertà e di democrazia. Dovremmo subire passivamente le inefficienze dei governi, le scelte delle banche e potremmo essere chiamati a riparare i conti di entrambi senza poter muovere un dito.

A tale proposito, si pensi al “grande sogno” di una tassa patrimoniale. Ad oggi, un po’ tutti i governi in Italia lo hanno accarezzato, ma senza mai poterlo realizzare in maniera compiuto. Gli italiani posseggono ricchezza per quasi 9.000 miliardi di euro, di cui oltre 1.600 miliardi detenuti sotto forma di liquidità in banca (ma sarebbero di più con la fine del contante).

 

 

 

La Germania paga cash

Ebbene, se oggi imponessimo, ad esempio, una patrimoniale su tutti i beni liquidi e non posseduti, i risparmiatori potrebbero reagire spostando altrove il loro denaro o ritirandolo dalle banche, mettendo queste ultime in crisi. Ma senza il contante, con l’obbligo di transazioni tracciate, tale reazione non sarebbe più possibile, per cui anche un prelievo forzoso potrebbe essere imposto senza grossi problemi, magari limitando come in Grecia nell’estate del 2015 il ritiro di denaro ai bancomat e i pagamenti con carte.

E non facciamoci prendere in giro da quanti (quasi tutti) ci spiegano che noi italiani saremmo culturalmente arretrati, perché continuiamo a pagare in contanti la gran parte delle nostre spese. La Germania, prima economia europea e certamente non un paese di zoticoni ignoranti, non prevede alcun limite ai pagamenti in contanti, che rappresentano l’80% delle transazioni e solo il 27% dei tedeschi possiede una carta di credito, secondo la Bundesbank, contro la media europea del 40%.

Tedeschi contro schiavitù digitale

Una delle ragioni per cui i tedeschi odierebbero le carte di credito e di debito è la loro gelosa custodia dell’anonimato. Se voglio dare 100 euro alla mia amante, è necessario che ne rimanga traccia da qualche parte? Quale potere abnorme avrebbe una banca o chi per essa trattasse i miliardi di dati posseduti? Non diverremo per caso tutti ricattabili, essendo la nostra riservatezza soppiantata da un Grande Fratello invadente e potenzialmente onnipresente?

Quando il governatore Mario Draghi ha annunciato lo stop all’emissione di nuove banconote da 500 euro, la reazione più furente si è avuta proprio in Germania, dove si è creato anche un movimento contro la “schiavitù digitale”, in difesa del “diritto umano” a poter utilizzare il contante, invocato dalla Bundesbank, che rinomatamente è un istituto di beceri cavernicoli.