Secondo un report di questo lunedì dell’agenzia di rating Moody’s, è “altamente improbabile” che il Venezuela disponga quest’anno di valuta straniera sufficiente per onorare i suoi pagamenti. Per questo, prevede che ad andare in default sia, anzitutto, la compagnia petrolifera statale, PDVSA, seguita dal governo di Caracas.

La situazione nel paese è gravissima e sotto ogni profilo. Il Fondo Monetario Internazionale stima ora che il pil crollerà dell’8% quest’anno e che l’inflazione salirà al 480%. Le riserve valutarie sono scese a 12 miliardi di dollari, il livello più basso dal 2003, di cui forse appena 1,5-2 miliardi sono prontamente liquidi.

Città violente, Caracas sale al primo posto nel mondo

Secondo il Citizen’s Council for Public Security and Criminal Justice, Caracas ha scavalcato l’Honduras nella non invidiabile classifica delle capitali più violente al mondo. In effetti, ormai la criminalità dilaga e si alimenta della carenza di beni prima necessità, che si traduce in file lunghe anche 18 ore per acquistare soltanto qualche razione di olio, pane e qualche alimento rimasto disponibile sugli scaffali.

Secondo il New York Times, solo nelle ultime due settimane si sarebbero registrati nel paese 50 episodi di violenza, risse proprio per accaparrarsi qualche bene di prima necessità.

Crisi Venezuela, va male tutto

La gravissima crisi economica e finanziaria (i rendimenti sovrani sono i più alti del pianeta) s’intreccia con quella politico-istituzionale. Le opposizioni, che alle elezioni politiche del dicembre scorso hanno trionfato, conquistando più dei due terzi dei seggi, hanno raccolto le firme per porre fine al mandato del presidente Nicolas Maduro, il quale scadrebbe altrimenti nel 2019.

Le firme sono adesso al vaglio della Commissione Elettorale Nazionale e se arrivasse il placet, entro l’anno si dovrebbe indire un referendum per fare decidere agli elettori se mandare a casa in largo anticipo Maduro. Proprio la prospettiva di una battaglia elettorale certamente abbastanza dura, se non apertamente violenta, induce gli analisti a prevedere un possibile default.

Secondo i credit default swaps, titoli assicurativi contro il rischio crac, le probabilità che un evento simile accada da qui a un anno sarebbero del 60%.

 

 

Referendum anti-Maduro accresce probabilità default

In piena campagna referendaria, infatti, il governo non potrebbe permettersi di imporre nuovi sacrifici alla popolazione. Per questo, è molto probabile che i pochi dollari rimasti nelle riserve della banca centrale siano utilizzati prioritariamente per le importazioni di beni primari, sacrificando così i pagamenti dei debiti.

Ad oggi è accaduto esattamente il contrario e non possiamo nemmeno escludere che il referendum venga evitato o che sia celebrato solo l’anno prossimo. Al contempo, però, altri mesi in queste condizioni appaiono poco sostenibili da parte della popolazione. Il rischio di rivolte di massa cresce, tanto che persino l’amministrazione americana sta cercando di mediare tra il governo e le opposizioni, al fine di trovare una soluzione pacifica a una crisi, che sembra giungere al culmine, dopo essere sfuggita di mano a Maduro.

Intanto, sul Dicom, la nuova piattaforma valutaria semi-libera, tra bolivar e dollaro il cambio è arrivato a 607, mentre sul mercato viaggia sopra i 1.070. Un avvicinamento abbastanza consistente tra i due valori, rispetto a poche settimane fa, che non scalfisce, però, il mercato illegale, a causa della quantità irrisoria di dollari ottenibili sul mercato ufficiale.