I Credit Default Swaps (CDS) sono titoli assicurativi contro il rischio creditizio corso nell’acquisto di titoli a reddito fisso. In concreto, si ha un trasferimento del rischio credito dall’obbligazionista (acquirente dei CDS) all’emittente dei titoli assicurativi. Quest’ultimo s’impegna a versare alla controparte il valore dell’obbligazione garantita al verificarsi dell’evento creditizio. In cambio della tutela dal rischio, il creditore garantito verserà all’emittente dei CDS un premio periodico e per l’intera durata del contratto, che generalmente è di cinque anni.

Dunque, immaginiamo che tu, piccolo investitore, acquisti un’obbligazione bancaria dal valore nominale di 100.000 euro. A questo punto, per tutelarti dal rischio default dell’istituto (e sappiamo quanto sia concreto in tempi di “bail-in”), acquisterai sul mercato un titolo assicurativo, che ti ripari dal possibile evento, alla stregua di un consueto contratto di assicurazione, come quello contro il rischio incendio di un immobile o di furto di un’auto.

Come funziona un CDS

Ipotizziamo, che per la copertura dal rischio, la società emittente dei CDS ti chieda il 2% annuo per 5 anni del valore nominale tutelato. Dunque, ogni anno dovrai versare un premio di 2.000 euro (2% su 100.000 euro). Ciò chiaramente riduce il rendimento effettivo dell’obbligazione da te acquistata, ma elimina il rischio di credito. Infatti, qualora dopo un paio di anni dall’acquisto del bond, la banca dovesse annunciare default sui pagamenti ad esso relativi, l’emittente del CDS ti rimborserà i 100.000 euro e da quel momento cesserai di versare il premio. E’ evidente, che più elevato sarà il rischio credito, maggiore il costo di copertura con i CDS. Quest’ultimo è legato sia al rating assegnato dalle agenzie internazionali all’emittente del titolo assicurato, sia al tipo stesso di titolo da assicurare. Ad esempio, un bond subordinato emesso da una banca sarà considerato potenzialmente più rischioso di un bond senior dello stesso istituto e ciò renderà i CDS sul primo più costoso.

     

CDS come termometro del rischio default

A questo punto, una delle principali difficoltà è capire spesso per gli acquirenti quali eventi siano tutelati e quali sono. Un semplice rinvio del pagamento di una cedola potrebbe non fare scattare per contratto alcun evento creditizio, tutto dipende da cosa hai comprato. E’ evidente, che tanto più siano i casi di tutela, maggiore sarà il costo del CDS. Questi titoli sono negoziati sul mercato non regolamentato (over the counter), per cui il loro monitoraggio quotidiano appare meno semplice di quello per i titoli quotati sui mercati regolamentati. Le variazioni dei prezzi di un CDS fungono da termometro del rischio credito del titolo assicurato. Se, ad esempio, i CDS sui BTp dovessero diventare molto più costosi in poche sedute, sarebbe il segnale di un più elevato rischio default avvertito per l’Italia, che è il soggetto emittente dei titoli di stato coperti. In molti casi, i CDS si acquistano e si vendono per finalità puramente speculative. Se compri un titolo di questo a copertura del rischio credito di un’obbligazione emessa dalla società X, quando questa gode di un rating solido e di conti positivi, il suo costo sarà verosimilmente basso. Ipotizzando che la società sia declassata dalle agenzie di rating e che i suoi conti siano passati in profondo rosso, il prezzo di questi CDS salirà, perché copriranno un rischio più elevato. L’investitore potrebbe allora trovare conveniente rivendere il titolo assicurativo, realizzando una plusvalenza.