L’abolizione tout court dei voucher, il buoni lavoro da 10 euro cadauno, contro cui pende un referendum abrogativo voluto dalla Cgil, segna la resa del governo Gentiloni all’ala sinistra della sua maggioranza, a quegli “scissionisti” del PD, che adesso hanno formato un gruppo autonomo – Movimento Democratico e Progressista – intenzionati a incidere sulla piattaforma politica dell’esecutivo più di quanto non siano riusciti a fare stando nel partito di Matteo Renzi. Una vittoria dei post-comunisti contro al linea riformatrice dei renziani? Questa sarebbe la sensazione generale, ma non è detto che corrisponda a verità.

Anzi, molto presto potremmo scoprire che si tratti dell’esatto contrario, ovvero del tentativo dell’ex premier di sbarazzarsi dell’ex opposizione interna. Come?

L’eliminazione dei voucher è stata salutata con irritazione dai centristi di ex NCD, ora ribattezzati Alternativa Popolare, i quali hanno minacciato di non votarla al passaggio dell’emendamento al Jobs Act alle Camere. Gli uomini di Angelino Alfano potrebbero fare mancare al governo la maggioranza assoluta dei voti al Senato, mandandolo sotto e aprendo una crisi politica fatale per il premier. (Leggi anche: Voucher aboliti segnano la fine delle riforme)

Forza Italia non può aiutare il governo sui voucher

Sì, ma con il soccorso azzurro di Forza Italia non ci sarebbero problemi, direte voi. Sappiamo tutti, che Silvio Berlusconi punta a fare durare la legislatura fino alla scadenza naturale, convinto che tra un anno potrebbe godere della riabilitazione politica per mano dei giudici europei, salvando l’onore dalla macchia della incandidabilità e guidando, nelle sue speranze, il centro-destra verso una nuova vittoria.

Forza Italia potrebbe, in effetti, salvare il governo, ma non su questo tema: i voucher stanno a cuore proprio all’elettorato delle piccole imprese del centro-destra e furono un’invenzione dell’allora governo Berlusconi nel 2003, per quanto il loro utilizzo venne reso effettivo ed esteso con i governi di centro-sinistra (Prodi nel 2007 e Renzi nel 2014).

Salvare il governo Gentiloni su un tema tipicamente caro alle sinistre sarebbe impensabile anche per quel che resta del partito berlusconiano, un controsenso inaccettabile per la base. Per non parlare del fatto, poi, che se i voti azzurri si rivelassero determinanti, si aprirebbe comunque una crisi politica nella maggioranza. (Leggi anche: Elezioni, Berlusconi punta al 40%)

Alfano agisce per conto di Renzi

Davvero i centristi alfaniani, che segnalano da sempre di tenere molto alle cariche ricoperte, farebbero saltare il governo in cui stanno, consapevoli che non potrebbero più fare ritorno nel centro-destra e che rischiano, quindi, di essere spazzati via dal voto popolare?

Quella in corso sarebbe una pantomima. Alfano è considerabile a tutti gli effetti l’agente di Renzi nel governo. La sua stessa celebrazione della fine di NCD e la nascita di questa fantomatica “Alternativa Popolare” non sarebbero altro che il tentativo del ministro degli Esteri di eliminare qualsiasi riferimento al centro-destra, in modo da presentarsi alle prossime elezioni con il PD, ma non come alleati, bensì come probabili candidati “indipendenti” all’interno del partito renziano, potendo sostenere pubblicamente che ve ne sarebbero tutte le condizioni ormai, essendo stato il PD depurato dalla componente più di sinistra. (Leggi anche: Alfano molla Renzi dopo il referendum?)

Crisi politica sui voucher sarebbe una farsa

Ma Alfano non entrerebbe nel PD gratis, bensì portando a Renzi la testa di Paolo Gentiloni, simulando una crisi politica su una battaglia cara all’elettorato moderato. Insomma, Renzi sarebbe il mandante di un “assassinio” politico del governo, spingendo i centristi a staccargli la spina, ricompensandoli successivamente con seggi bloccati e sicuri nelle sue liste alle politiche prossime.

Vedrete tanto agitarsi tra i centristi, gli stessi che un anno fa non batterono ciglio contro l’approvazione delle unioni civili.

Difficilissimo credere che i voucher ad Alfano stiano più a cuore della famiglia tradizionale, così tanto sbandierata dal suo gruppetto di parlamentari come ossatura centrale della propria identità. Renzi punta a nuove elezioni subito, forse nemmeno credendo più di vincere, ma almeno potendosi sbarazzare dei suoi oppositori interni e giocandosi la carta delle larghe intese con Forza Italia per sperare di tornare a Palazzo Chigi quanto prima. Non ha davvero capito quasi nulla di quanto sia cambiata l’aria da quel 4 dicembre di tre mesi e mezzo fa; non si rassegna a credere che forse sarà per sempre l’ex premier. (Leggi anche: Sondaggi ancora giù per Renzi)