La guerra di Putin può fermarla la crisi in Russia

La crisi dell'economia in Russia può fungere da stimolo potente per spingere il presidente Putin a trovare un accordo di pace con l'Ucraina.
3 settimane fa
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La guerra di Putin e la crisi della Russia
La guerra di Putin e la crisi della Russia © Licenza Creative Commons

Due ore di telefonata con il presidente americano Donald Trump non sono state sufficienti a convincere il presidente russo Vladimir Putin ad accettare una tregua di 30 giorni sulle ostilità con l’Ucraina. Al di là di tante chiacchiere, sul campo di battaglia i combattimenti proseguono. Sono passati 39 mesi dall’inizio della guerra e, a questo punto, un accordo di pace può arrivare solo se il Cremlino capirà di essere alle corde. Non sul fronte, bensì a causa della crisi dell’economia che la Russia sta già patendo. Ad oggi, le previsioni catastrofiste degli analisti straniere sono state smentite. Il collasso del Pil non c’è stato, anzi nei 3 anni dall’inizio del conflitto questi risulta cresciuto di quasi il 7%.

Economia di guerra al limite

E’ anche vero, però, che la crescita annuale è crollata dal 4,5% dell’ultimo trimestre del 2024 all’1,4% dei primi 3 mesi del 2025. La riconversione dell’economia a fini bellici sta iniziando a mostrare i suoi limiti. Un esempio? Il prezzo delle patate è quasi triplicato da inizio 2024 e supera in alcuni casi i 100 rubli al kg, qualcosa come oltre 1,10 euro. Non un problema da sottovalutare per un Paese in cui lo stipendio medio resta sotto i 90.000 rubli al mese (meno di 1.000 euro).

Cosa c’entra tutto questo con la guerra? Le braccia sono state sottratte ai campi e alle fabbriche per essere spedite in Ucraina. I lavoratori scarseggiano e la produzione agricola in certi casi collassa. Le entrate diminuiscono e le piccole imprese non riescono a comprare macchinari, complici le sanzioni occidentali. Il risultato è che in Russia la crisi sta arrivando in forma di beni che scarseggiano sugli scaffali dei supermercati, mentre i prezzi s’impennano.

Non a caso, l’inflazione in aprile era ancora al 10,2% e nonostante la Banca di Russia abbia alzato i tassi di interesse al 21%.

Petrolio in calo, pressione su Putin

Principale fonte di entrata per lo stato è rappresentata dalle vendite di petrolio. L’Urals vale oggi meno di 60 dollari al barile, giù dai 70 dollari di inizio anno. Esso segue l’andamento del Brent, che è passato nel frattempo da 75 a 65 dollari. E per di più il cambio si è rafforzato. Ad inizio anno, per un dollaro servivano fino a più di 113 rubli, mentre oggi ne bastano meno di 80. L’apprezzamento è da un lato positivo per i consumatori russi, i quali possono spendere di meno per le merci acquistate dall’estero. D’altro canto, esso si traduce in minori entrate dalle esportazioni petrolifere. Rispetto a 4 mesi e mezzo fa, un crollo del 40%. Sul “mini barile” sta puntando non a caso Trump con la complicità dell’alleato saudita. Un modo per mettere pressione al nemico e rallentare l’inflazione in patria.

I dati finora portati ad esempio di successo della Russia in questi anni di guerra, ne captano le criticità. La disoccupazione è scesa dal 4,4% di inizio 2022 al 2,4% attuale. E nel frattempo gli stipendi medi sono aumentati di oltre il 60%, cioè del 26,4% in termini reali.

La ragione è semplice: essendoci meno manodopera disponibile a causa dell’invio coattivo di milioni di soldati in Ucraina e nella regione del Kursk, le imprese sono costrette a contendersi i lavoratori. E quei pochi rimasti, in gran parte sono dirottati verso le produzioni belliche. Dunque, stipendi più alti e minore offerta di merci di largo consumo. Si fabbricano cannoni e manca il burro, diremmo.

Crisi in Russia anche demografica

Il fattore demografico incide anch’esso negativamente sulla crisi in Russia. Il tasso di fertilità è di appena 1,42, insufficiente ad arrestare il declino della popolazione. E contrariamente alla gran parte delle economie occidentali, qui non c’è l’immigrazione ad accrescere la popolazione attiva per il breve periodo. Quanto può ancora durare questa situazione prima che divenga irreparabile? Lo sapremo verosimilmente dalle mosse di Putin. Egli è consapevole di stare vincendo sul piano militare e non trova conveniente giungere ad una tregua con il nemico. D’altra parte, sa benissimo che la Russia non può permettersi a lungo di reggersi su un’economia di guerra ormai al limite delle sue possibilità. Se si affretterà ad alzare il telefono per offrire un ramoscello di ulivo a Trump, sapremo che a Mosca la situazione è diventata insostenibile.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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