La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 21 giugno 2025 n. 16643 ha chiarito l’eventuale applicabilità delle sanzioni per decadenza delle agevolazioni prima casa in ipotesi di variazione della classificazione catastale dell’immobile.
Dal 1° gennaio 2014 (registro) e dal 12 dicembre 2014 (per l”IVA), il requisito fondamentale per usufruire delle aliquote agevolate è quella relativa alla classificazione catastale dell’abitazione: non deve essere di lusso ossia non deve rientrare negli immobili di cui alla categoria catastale A/1, A/8, A/9.
Le unità immobiliari di lusso sono espressamente escluse dalla Nota II-bis, parte I, all’art. 1 della Tariffa, allegata al DPR 131/1986 che regolale agevolazioni prima casa: indipendentemente dalle caratteristiche estrinseche individuate dal DM 2 agosto 1969 (superficie, piscina, rifiniture, ecc.) non più valido.
La sola iscrizione nell’elenco catastale, quindi, determina il diritto o meno al trattamento fiscale ridotto.
Il cambio di categoria catastale da A2 a A1 comporta la perdita delle agevolazioni.
Il contribuente deve pagare anche la sanzione del 30%? A questa domanda ha risposto la Cassazione.
Le agevolazioni prima casa
Le agevolazioni prima casa sono regolate dalla Nota II-bis, articolo 1 della Tariffa, Parte prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro (Dpr n. 131/1986).
Tale norma consente di risparmiare sulle imposte da versare all’atto dell’acquisto dell’immobile pagando:
- l’Iva al 4%;
- le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro.
Se la vendita non è soggetta ad Iva, il contribuente versa: imposta di registro al 2% sul valore catastale (anziché 9%) con un minimo di 1.000 euro; imposta ipotecaria e catastale pari a 50 euro. Non è dovuta l’imposta di bollo.
Le agevolazioni prima casa si possono replicare vendendo il primo immobile.
Le unità immobiliari appartenenti alle categorie A/1, A/8 e A/9 sono escluse dallo sconto fiscale.
I requisiti per avere le agevolazioni prima casa
Per avere queste agevolazioni prima casa è necessario rispettare una serie di requisiti:
- l’immobile deve trovarsi nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca la propria residenza entro diciotto mesi dall’acquisto;
- nell’atto di acquisto l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
- nell’atto di acquisto l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata in via agevolata dallo stesso soggetto o dal coniuge.
Detti requisiti soggettivi ed oggettivi devono ricorrere congiuntamente ai fini dell’applicazione delle aliquote agevolate previste ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale.
Agevolazioni prima casa. Cosa succede se cambia la categoria catastale? (sentenza Cassazione)
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 21 giugno 2025 n. 16643, ha affrontato il delicato profilo delle sanzioni previste per la decadenza dall’agevolazione “prima casa” nei casi di riclassificazione catastale intervenuta dopo la stipula dell’atto di compravendita.
Il principio affermato è che non si può irrogare la penalità se, al momento del rogito, l’immobile risultava regolarmente accatastato in una categoria che consentiva il beneficio.
Ciò vale anche se successivamente la sua qualificazione catastale venisse mutata con effetto retroattivo.
Evoluzione normativa delle agevolazioni
Dal 1° gennaio 2014, per l’imposta di registro, e dal 12 dicembre 2014, in materia di IVA, l’accesso alle agevolazioni “prima casa” è disciplinato esclusivamente dalla categoria catastale. Le unità immobiliari appartenenti alle categorie A/1, A/8 e A/9 sono escluse dal beneficio previsto dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986. Non rilevano più, dunque, i criteri qualitativi di “lusso” individuati dal DM 2 agosto 1969, quali superfici superiori a 240 mq, piscine o rifiniture pregiate.
Il caso concreto
Nel 2014, il precedente proprietario di un’abitazione aveva presentato istanza di nuovo accatastamento, sulla quale l’Agenzia del Territorio aveva poi attribuito la categoria A/2, compatibile con l’IVA al 4% per la “prima casa”. Sulla base di tale classificazione, l’immobile venne ceduto nel 2017: l’acquirente, verificata la consona iscrizione in categoria ordinaria, ottenne correttamente l’agevolazione.
Tuttavia, nel 2018, in seguito a una segnalazione del Comune, l’Agenzia delle Entrate dispose una riclassificazione postuma, cambiando la categoria dell’immobile da A/2 ad A/1. Ne scaturì la revoca delle agevolazioni applicate in sede di atto (con passaggio dell’IVA dal 4% al 10%) e l’irrogazione di sanzioni pari al 30% dell’imposta aggiuntiva.
Fondamento giuridico dell’esenzione da sanzioni
Sia il giudice di merito sia la Suprema Corte hanno rilevato che l’applicazione di sanzioni fiscali richiede sempre l’accertamento di un comportamento colposo o doloso del contribuente.
Nel caso di specie, l’acquirente aveva basato la propria dichiarazione sulla documentazione catastale ufficiale vigente al momento del rogito, senza alcuna consapevolezza o responsabilità riguardo a future modifiche.
Le Sezioni Unite hanno sottolineato che, benché penda una domanda di riclassamento dal 2014 e la categoria catastale fosse “sub judice” al momento della compravendita, ciò non poteva imporgli di indicare una qualificazione diversa da quella risultante dagli atti pubblici. La possibilità di un esito favorevole a un diverso inquadramento catastale doveva considerarsi una mera eventualità, suscettibile di cambiamento, e non un dato certo.
Conclusioni
La Cassazione ha quindi confermato l’annullamento delle sanzioni: l’unico requisito per l’agevolazione “prima casa” è lo stato di fatto catastale al momento della stipula. Non essendo imputabile all’acquirente alcuna infedeltà o negligenza nella dichiarazione, non poteva sussistere alcuna responsabilità soggettiva tale da giustificare l’irrogazione della sanzione. Restano comunque dovute le imposte ordinarie conseguenti alla riclassificazione retroattiva, ma non i maggiori oneri sanzionatori.
Riassumendo
- Requisito temporale. La categoria catastale da considerare è quella effettiva al momento del rogito notarile: se all’atto di acquisto l’immobile risulta regolarmente accatastato in classe compatibile con l’agevolazione, non si può sanzionare il contribuente per una successiva riclassificazione ex tunc.
- Esclusione del dolo o della colpa. L’applicazione delle sanzioni (30 % sull’imposta non versata) richiede sempre un comportamento doloso o colposo. Nel caso di specie, la dichiarazione A/2 rispecchiava il dato catastale ufficiale, perciò non vi è stata mendacità né negligenza.
- Rilevano gli elementi concreti. Anche se pendeva un procedimento di riclassamento dal 2014, l’impossibilità di prevederne l’esito impedisce di considerare il contribuente obbligato a dichiarare una qualificazione diversa, trattandosi di mera eventualità.
- Retroattività senza sanzioni. La riclassificazione postuma acquista effetto ex tunc solo ai fini dell’imposta dovuta (passaggio dell’IVA dal 4 % al 10 %). Ma non produce conseguenze sanzionatorie in mancanza di responsabilità soggettiva.
- Principio di certezza del diritto. L’unico comportamento “esigibile” è basarsi sui dati catastali ufficiali vigenti al rogito. Pretendere una previsione di fatti incerti contrasterebbe con il principio di certezza e affidamento legittimo del contribuente.