Il bonus ristrutturazione rappresenta una delle principali agevolazioni fiscali nel panorama edilizio italiano, permettendo di recuperare parte delle spese sostenute per interventi di miglioramento sugli immobili.
Tale agevolazione si traduce in una detrazione IRPEF da ripartire in dieci quote annuali di pari importo. Tuttavia, la questione si complica quando il beneficiario originario del bonus viene a mancare prima di aver completato l’intero periodo di fruizione. In questi casi, l’eventuale trasferimento del diritto alla detrazione agli eredi segue regole ben precise.
Bonus ristrutturazione e subentro eredi: le condizioni necessarie
Secondo la normativa vigente, in particolare l’articolo 2, comma 5 della legge n.
289 del 2002, le quote residue del bonus ristrutturazione possono essere trasferite agli eredi del beneficiario deceduto, ma solo al verificarsi di determinate condizioni. La più rilevante tra queste è che gli eredi mantengano la detenzione materiale e diretta dell’immobile oggetto degli interventi.
Il principio cardine è che l’agevolazione non si trasmette automaticamente a chiunque erediti l’immobile. È necessario, infatti, che l’erede utilizzi l’abitazione in prima persona. In altre parole, l’erede deve disporre concretamente dell’immobile. Se, dunque, ad esempio, gli eredi lo locano a terzi perdono l’eredità delle residue quote di detrazione.
Il caso giudiziario che fa chiarezza
Recentemente, la Corte di Cassazione ha avuto modo di esprimersi in maniera esplicita sull’argomento, con l’ordinanza n. 11731 del 5 maggio 2025. Il caso riguardava un uomo che, alla morte della madre, aveva ereditato un’abitazione su cui la donna stava beneficiando del bonus ristrutturazione. L’erede, tuttavia, non aveva mai abitato nell’immobile, preferendo darlo in affitto a terzi.
In sede di contenzioso, l’Agenzia delle Entrate ha rifiutato il trasferimento delle detrazioni residue all’erede, rilevando l’assenza della condizione essenziale della “detenzione diretta”. A conferma di questa posizione, si è pronunciata anche la Commissione Tributaria Regionale, e infine la Cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato dall’erede.
Detenzione diretta: cosa significa davvero
Il concetto di “detenzione materiale e diretta” è stato analizzato dalla Corte, la quale ha sottolineato che l’immobile deve essere nella reale disponibilità dell’erede per le sue esigenze personali. Il semplice fatto di essere proprietario o comproprietario del bene non è sufficiente. È determinante che l’erede faccia uso concreto dell’immobile, ad esempio vivendoci stabilmente o comunque utilizzandolo come abitazione.
L’uso dell’abitazione da parte di terzi, come nel caso della locazione a soggetti estranei, esclude il diritto a beneficiare delle restanti quote del bonus ristrutturazione. In altre parole, l’agevolazione fiscale resta legata non solo alla proprietà, ma anche alla funzione diretta da parte del soggetto beneficiario.
Bonus ristrutturazione: differenza rispetto ai trasferimenti tra vivi
La situazione appena descritta va distinta da quella relativa alla cessione dell’immobile tra vivi, come ad esempio un atto di compravendita. In questo scenario, l’acquirente dell’immobile subentra nelle detrazioni ancora non godute dal venditore, indipendentemente dal fatto che l’immobile venga adibito a prima o seconda casa.
Ciò che conta, in questo caso, è che il nuovo proprietario entri in possesso dell’immobile e ne mantenga la disponibilità diretta. Inoltre, sarà proprio quest’ultimo a sostenere le eventuali spese di ristrutturazione, rafforzando così il legame tra beneficiario e immobile. Tuttavia, venditore e acquirente possono accordarsi diversamente. E cioè che le quote residue restino al venditore. Questo accordo deve risultare nell’atto di vendita o da scrittura autenticata.
Nel contesto successorio, invece, la legge impone un vincolo più stringente: la possibilità di usufruire delle quote residue del bonus ristrutturazione è riservata solo a quegli eredi che dimostrano un utilizzo personale dell’immobile, in linea con la ratio dell’agevolazione.
Il ruolo della normativa e della giurisprudenza nel bonus ristrutturazione
La previsione normativa contenuta nella legge n. 289/2002 è stata confermata più volte anche dalla giurisprudenza, che ha avuto il compito di chiarire i limiti entro cui può operare il subentro nelle detrazioni fiscali. Le decisioni dei giudici ribadiscono la centralità dell’utilizzo personale dell’immobile come elemento imprescindibile per il mantenimento del beneficio fiscale in capo all’erede.
Il principio consolidato è che non può subentrare nelle detrazioni chi eredita l’immobile ma non ne fa un uso diretto, come nel caso in cui lo conceda in affitto. Questo orientamento mira a preservare l’obiettivo originario del bonus ristrutturazione, che è quello di incentivare gli interventi edilizi destinati al miglioramento delle condizioni abitative del contribuente.
Riassumendo
- Il bonus ristrutturazione si trasferisce agli eredi solo con detenzione materiale dell’immobile.
- La detrazione decade se l’erede affitta l’immobile a terzi.
- La legge richiede uso diretto dell’immobile da parte dell’erede.
- La giurisprudenza conferma: nessun bonus senza utilizzo personale dell’abitazione.
- Diverso il caso della compravendita, dove conta la disponibilità dell’immobile.
- L’Agenzia delle Entrate può revocare la detrazione se mancano i requisiti.