Chi succederà a Luciano Spalletti sulla bollente panchina azzurra? Dopo il “no, grazie” di Massimo Ranieri è caos alla FIGC. Il presidente Gabriele Gravina aveva esonerato il toscano con la quasi certezza che avrebbe potuto fare affidamento sul tecnico giallorosso. Adesso, dovrà rimediare al danno d’immagine trovando un rimpiazzo entro poche ore. Si fanno i nomi di Rino Gattuso, Daniele De Rossi e Fabio Cannavaro. Si punta sui ragazzi del 2006. Una grossa sfida per chiunque sarà, perché la Nazionale di calcio non era mai caduta così in basso. La qualità dei giocatori in campo è sotto gli occhi di tutti, ma anche l’attaccamento alla maglia scarseggia.
Il caso Acerbi non necessita di profonde riflessioni.
Nazionale col braccino corto
E se la crisi della Nazionale fosse scaturita dai soldi? O per essere più precisi, dalla disparità tra gli ingaggi plurimilionari nei club e le briciole offerte agli Azzurri. Ad ogni cambio di allenatore il problema spunta riguardo alla panchina. Se un Antonio Conte o un Simone Inzaghi hanno percepito per questa stagione 6,5 milioni all’anno e un Massimiliano Allegri alla Juventus vanta un ingaggio (ancora in corso) di 7 milioni netti all’anno, Spalletti si era dovuto accontentare di 2,8 milioni. Ed è stato persino un grande sforzo per la FIGC sostenere questa cifra. Prima di lui Roberto Mancini se l’era data a gambe per allenare la nazionale saudita per ben 25 milioni netti a stagione. Chiamalo scemo! Fu esonerato dopo poche partite disputate.
Gli stessi giocatori trovano poco conveniente dedicare anima e gambe alla Nazionale. Mentre nei rispettivi club possono percepire svariati milioni di euro, correndo con la maglia azzurra potranno ambire a un gettone di presenza intorno ai 9.000 euro.
Lordi. Esso è erogato in base al numero delle chiamate, in qualità o di riserva o titolare. Possono anche essere previsti premi ai risultati, ma restiamo su cifre relativamente ridicole per le tasche dei calciatori (noi umani pregheremmo per percepirne una frazione!).
Scema interessi dei tifosi
Giocare è faticoso e sottrae energie nei club. E’ da lì che provengono i guadagni con tanti zeri. La Nazionale porta lustro agli astri nascenti e compensa più che altro grazie agli sponsor e alla visibilità mediatica. Per cui i benefici risultano di gran lunga superiori ai soli gettoni di presenza. Resta il fatto che siano decisamente inferiori a quelli che si ottengono dedicandosi ai campionati nazionali e, soprattutto, alla Champions League. Vale anche all’estero. Lionel Messi e Cristiano Ronaldo sono stati giganti del calcio quasi essenzialmente grazie alle vittorie nei club in cui hanno giocato per decenni. L’argentino ha semmai coronato la sua carriera alzando la Coppa del Mondo nel 2022.
Infine, un altro aspetto che danneggia la Nazionale è il calo di interesse tra i tifosi. L’Italia di oggi non è più quella del 1982 e neanche del 2006. Il calcio resta lo sport più popolare, ma meno di un tempo tra i giovanissimi. Quelli che una volta definivamo “sport minori”, non lo sono più così tanto.
La minore centralità fa sì che indossare la maglia azzurra sia diventato meno lucrativo. Gli sponsor hanno altri idoli da ingaggiare per fare business. Si pensi solamente al nostro Jannik Sinner, tennista numero uno al mondo. Se poi non vinci e nemmeno convinci, la favola si spegne piano piano fino a svanire del tutto.
Pessima governance
Ciliegina sulla torta: la pessima governance. La Nazionale non si qualifica ai mondiali dal 2013. Ha salto due tornei e rischia di fare lo stesso per la terza volta. Lo scorso anno, ha disputato il suo peggiore europeo per qualità di gioco e risultati. Nessuno si è assunto la responsabilità di un simile disastro. I dirigenti della FGIC si trincerano dietro all’autonomia dello sport per restare incollati alle poltrone senza alcuna visione e soluzioni prospettate. I tifosi non ci credono più tanto. Lo choc del 2017 fu vano, seguito da tanta retorica e zero fatti. Poi saltammo anche l’ultimo mondiale in Qatar e anche allora si gridò alla rivoluzione, ma alla prova dei fatti è rimasto tutto vergognosamente uguale.
Club di Serie A miopi sulla Nazionale
Il solo fatto che a candidarsi alla presidenza del CONI sia l’ottuagenario Franco Carraro, la dice lunga sulla capacità di rinnovo ai vertici dello sport italiano. Una questione che riguarda l’intera società e che raggiunge il suo apice proprio nel calcio. Faziosità, piccoli interessi e visione cortissima ne sono i mali difficilmente debellabili. Ai club di Serie A la Nazionale non interessa, anzi la vivono come un intralcio per i propri piani. Non vogliono offrire i loro giocatori a Coverciano con il rischio che tornino infortunati o stanchi o entrambe le cose.
Perfettamente razionale e comprensibile. Peccato che la storia di questi decenni abbia insegnato che senza una Nazionale forte, anche i club arretrano. Per fatturato la Serie A è scesa in quarta posizione dopo Premier League, Liga spagnola e Bundesliga. E le distanze aumentano di stagione in stagione. L’Inter quest’anno si accinge a chiudere con ricavi sopra i 500 milioni di euro, segnando un record per il campionato italiano.
Ma in Spagna Real Madrid e Barcellona chiudevano la scorsa stagione rispettivamente sopra 1 miliardo e a 893 milioni. Sarà un caso, ma la nazionale spagnola continua a macinare successi. E la Serie A sta trasformandosi definitivamente nella RSA dei top player europei. Nel frattempo, Milan e Inter continuano la telenovela sullo stadio di proprietà, ennesima conferma di un sistema incapace di fare in tempi compatibili con l’esistenza umana.