Referendum: ecco cosa accade se vince il SI sul lavoro, la verità che nessuno dice

Ecco per i 4 quesiti sul lavoro cosa cambia in caso di superamento del quorum e di vittoria del SI.
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2 settimane fa
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Quorum da abbassare ai referendum?
Quorum da abbassare ai referendum? © Licenza Creative Commons

Gli italiani che hanno diritto al voto saranno presto chiamati alle urne, stavolta per il referendum sul lavoro. Anzi, a dire il vero, in alcuni Comuni si voterà anche per le elezioni amministrative: parliamo di quei territori in cui si rinnova il Consiglio comunale e il sindaco, e dove il primo turno ha portato al ballottaggio.

Un elemento che potrebbe dare una spinta decisiva al raggiungimento del quorum è proprio la coincidenza con le amministrative: gli elettori, già chiamati a votare per i sindaci, potrebbero decidere di esprimersi anche sui quesiti referendari.

Ricordiamo infatti che, per essere valido, un referendum deve superare il quorum: è necessario che voti almeno la metà più uno degli aventi diritto.

Solo in quel caso l’esito sarà considerato efficace.

Ma di cosa trattano i nuovi quesiti referendari? Escludendo quello che punta a ridurre i tempi per ottenere la cittadinanza — da 10 a 5 anni in caso di vittoria del Sì — gli altri quesiti riguardano tutti il mondo del lavoro. Ma cosa cambierebbe concretamente in caso di vittoria del Sì?

Lavoro e referendum: cosa vogliono cambiare i promotori?

Il referendum sta suscitando numerose polemiche, soprattutto sul tema della cittadinanza agli stranieri. Le posizioni, in questo caso, sono fortemente ideologiche: da un lato la sinistra, che spinge per una cittadinanza più rapida, dall’altro la destra, che difende le regole attuali. Quest’ultima sottolinea che l’Italia è già il Paese con il più alto numero di cittadinanze concesse ogni anno tra gli Stati UE.

Diverso il discorso sul lavoro, dove le frizioni politiche sono più trasversali. Se sulla cittadinanza il governo di centrodestra è compatto, sul lavoro le opinioni divergono anche all’interno delle opposizioni.

Il motivo? I quesiti vanno a toccare norme introdotte anche da governi di centrosinistra, come il Jobs Act varato da Matteo Renzi.

Referendum: ecco cosa accade se vince il Sì sul lavoro (la verità che nessuno dice)

I quesiti referendari sono cinque in totale, e quattro di essi riguardano il lavoro. Gli italiani potranno votare domenica 8 giugno dalle ore 7:00 e fino a lunedì 9 giugno alle ore 15:00.

Il primo quesito riguarda proprio il Jobs Act. In particolare, si propone di abrogare la parte del contratto a tutele crescenti che esclude il reintegro del lavoratore licenziato illegittimamente. Oggi, in caso di licenziamento ingiusto, il lavoratore ha diritto a un risarcimento economico, ma non al reintegro nel posto di lavoro. Con la vittoria del Sì, si tornerebbe alle regole precedenti al Jobs Act.

Va precisato che anche oggi il reintegro è previsto, ma solo nei casi di licenziamento discriminatorio, ad esempio per motivi religiosi, politici o legati alla maternità. Il quesito mira a estendere questo diritto a tutti i casi di illegittimità.

Infortuni sul lavoro, licenziamenti e risarcimenti: ecco per cosa si vota

Il secondo quesito riguarda ancora i licenziamenti illegittimi, ma si focalizza sull’indennità economica. Attualmente, nelle piccole imprese, un lavoratore licenziato ingiustamente può ottenere al massimo sei mensilità di stipendio come risarcimento, stabilite da un giudice.

Il referendum propone di eliminare questo tetto massimo: con il , un magistrato potrebbe condannare il datore di lavoro a pagare una somma maggiore, proporzionata al danno subito.

Il terzo quesito riguarda i contratti a tempo determinato. L’obiettivo è quello di reintrodurre l’obbligo di indicare la causale — ovvero il motivo — per cui un’azienda ricorre a un’assunzione temporanea. Attualmente, per i rinnovi dei contratti già scaduti, la legge non richiede più la causale. Il referendum punta a ripristinarla.

Infine, il quarto quesito sul lavoro si concentra sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Si vuole estendere la responsabilità in caso di infortuni anche all’azienda appaltante, non solo all’impresa esecutrice. Oggi, infatti, solo chi esegue direttamente il lavoro è responsabile, mentre la cosiddetta “ditta madre” non lo è. Il referendum punta a modificare questa norma.

La vittoria del Sì, ma solo a quorum raggiunto

Come già accennato, si tratta di referendum abrogativi, quindi soggetti al quorum di partecipazione. Anche se vincesse il Sì, se non votasse almeno il 50% più uno degli aventi diritto, il risultato non produrrebbe effetti.

In sintesi, i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi su temi cruciali per il futuro del lavoro e della cittadinanza. Ma solo con un’ampia partecipazione alle urne, le scelte espresse potranno diventare realtà giuridica.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

1 Comment

  1. Il referendum indipendente dallo scopo che si prefigge verrà usato per abbattere il governo meloni e il favoloso mondo di melonia

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