Benjamin Netanyahu sta tentando il tutto per tutto con i raid di Israele contro i siti nucleari in Iran. C’è chi considera questa escalation come la volontà del premier di deviare l’attenzione da Gaza, consapevole che l’opinione pubblica mondiale gli avrebbe voltato le spalle per le pesanti conseguenze a cui è esposta la popolazione civile nella striscia. In realtà, dall’inizio di questo conflitto del 7 ottobre 2023 c’è un filo conduttore passato in secondo piano: la volontà dello stato ebraico di eliminare tutti i suoi nemici storici nell’area.
Doppio obiettivo di Netanyahu
Due sono stati ad oggi i grandi successi di Tel Aviv: la caduta del regime di Bashir al-Assad e l’estromissione dal potere di Hezbollah in Libano. Entrambi ricadevano nella sfera d’influenza dell’Iran. Non a caso, adesso spetterebbe proprio al regime dell’ayatollah Khamenei, 86 anni e al potere da 44, ormai privo di alleati succubi nel Medio Oriente.
I raid di Israele sembrano frutto di una duplice strategia: indebolire la capacità bellica e nucleare del nemico e sobillare la popolazione contro il tiranno.
Ayatollah Khamenei nel mirino della popolazione
Siamo ancora agli inizi, ma qualcosa starebbe funzionando in tal senso. Dai balconi delle abitazioni si levano grida come “morte all’ayatollah”, che non è poco per un Paese in cui si rischia l’impiccagione per una cosa del genere. La popolazione è stremata da decenni di malgoverno, corruzione diffusa e assenza di libertà in ogni campo, dalla parola all’economia. I raid di Israele stanno rivelando agli iraniani, se ve ne fosse stato ancora bisogno, che il regime continui a impiegare malamente le risorse.
Da anni le proteste nelle città riguardano proprio gli aiuti ai regimi di Damasco e ad Hezbollah, considerati uno sfregio dinnanzi ai patimenti a cui è costretta la gran parte della popolazione.
Il solo programma di arricchimento dell’uranio sarebbe già costato decine di miliardi di dollari negli anni. Non pochi per un’economia da 425 miliardi a fine 2024. E il maggiore costo è dato dal peso delle sanzioni occidentali, che limita le capacità di crescita del Pil. Si stima che entro il 2040 questi salirebbe a 1.000 miliardi nel caso di raggiungimento di un accordo nucleare con gli Stati Uniti. Questi ultimi sbloccherebbero centinaia di miliardi di investimenti, consentendo all’economia emergente di accelerare il passo e ridurre la povertà al suo interno.
Raid di Israele accelerano la caduta del regime?
Il merito dei raid di Israele sarebbe, quindi, di evidenziare ai 90 milioni e passa di iraniani il legame tra le loro ristrettezze quotidiane e l’impiego discutibile delle risorse statali. Le “voragini” di bilancio spingono la banca centrale a monetizzare il debito, alimentando l’inflazione e il collasso del cambio. Una situazione che va avanti senza tregua praticamente da quando è sorta la Repubblica Islamica nel 1979. C’è stanchezza per questa politica di costanti nemici immaginari in patria e all’estero. A crederci non sono più in tanti e nessuno ne vede i benefici in termini di sicurezza economica e personale.
L’ayatollah rischia e il suo “inner circle” già avrebbe preso contatti con il Cremlino per godere di un salvacondotto in Russia.