Le pensioni in Italia rappresentano un tema che divide l’opinione pubblica. E ancora di più lo fa il dibattito sulla riforma delle pensioni, un percorso tutt’altro che semplice da portare a compimento, visti gli ostacoli elevati da superare.
Tuttavia, sta prendendo corpo una linea di pensiero che potrebbe semplificare le cose, fondendo due settori diversi ma riconducibili alla stessa direzione: la rendita al termine della carriera lavorativa.
Per le pensioni anticipate, presto potrebbe aprirsi l’era dell’incrocio tra previdenza integrativa e previdenza obbligatoria, un cambiamento che potrebbe rendere più accessibili le uscite dal lavoro.
Pensioni anticipate: con la previdenza integrativa sarà più facile, ecco due opzioni
Un primo segnale arriva dalle novità previdenziali introdotte nel 2025, in particolare per quanto riguarda le pensioni anticipate contributive, destinate a chi ha versato contributi solo dopo il 1995.
Grazie a queste misure, è possibile lasciare il lavoro al compimento dei 64 anni di età, purché si rispettino determinati requisiti:
- almeno 20 anni di contributi versati;
- il raggiungimento di un importo minimo della prestazione.
Questo secondo vincolo sembra destinato a essere esteso anche ad altre forme pensionistiche, poiché mandare in pensione persone con assegni troppo bassi e vicini alla soglia di povertà non è certo la soluzione ideale.
Anche in questo caso, dunque, la strada appare tracciata: per andare in pensione sarà necessario raggiungere un importo minimo del trattamento. Per le pensioni anticipate contributive, tale soglia è attualmente pari a 3 volte l’assegno sociale, con sconti specifici per le madri con figli.
In particolare:
- con due o più figli, il limite si abbassa a 2,6 volte l’assegno sociale;
- con un solo figlio, la soglia scende a 2,8 volte.
Per raggiungere questi importi si può utilizzare anche la previdenza integrativa, sommando quanto maturato nei fondi pensione privati.
Il TFR in aiuto per anticipare le uscite? Ecco come
Attualmente, sono ancora pochi i lavoratori che risultano iscritti ai fondi pensione integrativi, un settore poco utilizzato. Anche perché implica dover accantonare ulteriori somme ogni mese, oltre ai contributi obbligatori versati all’INPS.
Tuttavia, chi ha già aderito alla previdenza complementare può godere di un vantaggio concreto, seppur al momento limitato alle pensioni anticipate contributive. In futuro, però, questa possibilità potrebbe essere estesa a molte altre misure e prestazioni.
L’ipotesi su cui si sta ragionando è quella di potenziare la previdenza integrativa. Magari prevedendo l’obbligo per i lavoratori di lasciare il proprio TFR nei fondi pensione.
In questo modo, al momento della cessazione del rapporto di lavoro per pensionamento, anziché ricevere il TFR con i tempi lunghi e le modalità a rate attuali, il lavoratore potrebbe trasformarlo, a propria scelta, in una rendita complementare, utile ad anticipare l’uscita dal lavoro.
Si tratta di un meccanismo ancora da definire nei dettagli. Ma che, se studiato bene, potrebbe consentire a molti lavoratori di accedere più facilmente a forme di uscita anticipata. Proprio grazie ai proventi della previdenza complementare.