TFR, contributi e futuro incerto: pensioni sempre più lontane per donne e giovani

Il sistema pensioni italiano mostra profonde disuguaglianze, colpendo duramente donne e giovani con assegni bassi e prospettive incerte
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Pensioni 2026
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Nel panorama italiano delle pensioni, due categorie emergono come le più penalizzate dalle attuali rigidità del sistema: le donne e i giovani. Se da un lato l’evoluzione del mercato del lavoro e dei meccanismi contributivi ha creato nuove sfide, dall’altro la normativa vigente sembra incapace di rispondere con strumenti adeguati. Il risultato è un quadro allarmante, in cui le disuguaglianze si amplificano anziché ridursi.

L’ineguaglianza tra uomini e donne in ambito previdenziale ha raggiunto livelli mai visti prima. Nel 2025, il divario medio tra gli assegni percepiti dai pensionati di sesso maschile e quelli femminili si è attestato su un preoccupante 32%.

Mentre gli uomini ricevono mediamente 1.486 euro al mese, le donne devono accontentarsi di 1.011 euro. Questo squilibrio non è casuale né passeggero, ma il frutto di dinamiche consolidate nel tempo.

Tra le principali cause si annoverano le carriere più frammentarie delle donne, spesso segnate da periodi di inattività legati alla cura della famiglia, stipendi più bassi per mansioni simili a quelle degli uomini e un accesso più tardivo o discontinuo al mondo del lavoro. In altre parole, l’ineguaglianza economica che si manifesta durante l’intero arco della vita lavorativa continua a pesare anche dopo il pensionamento.

Pensioni con Opzione Donna: un modello in declino

In passato, Opzione Donna rappresentava un tentativo di introdurre maggiore flessibilità per l’uscita anticipata dal lavoro, riservato esclusivamente alle lavoratrici. Oggi, però, questa misura appare svuotata della sua efficacia. Le modifiche apportate negli ultimi anni ne hanno ristretto sensibilmente il campo di applicazione, fino a renderla uno strumento quasi marginale.

Attualmente, possono accedere a Opzione Donna soltanto tre categorie: caregiver familiari, donne con invalidità civile superiore al 74% e lavoratrici licenziate.

A queste condizioni si aggiungono requisiti rigidi: almeno 35 anni di contributi e un’età anagrafica compresa tra i 59 e i 61 anni, variabile in base al numero di figli.

I dati dell’INPS relativi al primo trimestre del 2025 parlano chiaro: solo 592 pensioni sono state liquidate con questa formula, contro le oltre 3.500 dello stesso periodo dell’anno precedente. Una riduzione che sembra anticipare la definitiva abrogazione della misura a partire dal 2026.

Pensioni in Italia: i giovani nel limbo del contributivo puro

Sul fronte delle future pensioni per i giovani, le prospettive non sono meno critiche. Coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 rientrano nel cosiddetto sistema contributivo puro, che collega in modo diretto l’ammontare della pensione ai versamenti effettivamente effettuati durante la vita lavorativa. Il problema è che, per effetto della precarietà e delle carriere intermittenti, i contributi accumulati risultano spesso insufficienti a garantire una pensione dignitosa.

In mancanza di interventi strutturali, molti giovani rischiano di dover attendere ben oltre i 70 anni per il pensionamento. E con assegni che, nella migliore delle ipotesi, saranno molto modesti. Il risultato è una generazione che guarda al futuro con crescente sfiducia, schiacciata tra l’insicurezza presente e la mancanza di tutele future.

Le proposte sul tavolo: un’ipotesi ancora vaga

Tra le ipotesi in discussione a livello politico e tecnico, una delle più citate riguarda l’eventuale utilizzo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) come strumento integrativo.

L’idea sarebbe quella di destinare una parte del TFR versato dalle imprese all’INPS per rafforzare la pensione futura dei lavoratori più giovani. Tuttavia, si tratta ancora di una proposta in fase embrionale, priva di un impianto normativo definito e lontana dall’essere attuata nel breve termine.

Una simile riforma comporterebbe implicazioni rilevanti non solo per la previdenza, ma anche per i rapporti tra datore di lavoro e dipendente, incidendo su equilibri economici e contrattuali consolidati. Senza un’attenta analisi e una pianificazione dettagliata, il rischio è quello di introdurre ulteriori distorsioni in un sistema già fragilmente equilibrato.

Un sistema da ripensare in chiave inclusiva

La fotografia dell’attuale sistema pensionistico mette in luce un’urgenza sempre più pressante: ripensare le regole in modo da garantire equità, sostenibilità e inclusività. Le pensioni delle donne e dei giovani rappresentano il sintomo più evidente di un modello che fatica a stare al passo con le trasformazioni del lavoro e della società.

Per affrontare queste sfide, non basta un intervento tecnico o una misura occasionale. Serve un ripensamento complessivo del sistema previdenziale, in grado di riconoscere le specificità delle carriere femminili, valorizzare il lavoro di cura e offrire una prospettiva concreta ai giovani lavoratori. In assenza di riforme mirate e coraggiose, il rischio è quello di perpetuare diseguaglianze strutturali, alimentando frustrazione e sfiducia nelle istituzioni.

Riassumendo

  • Divario pensioni donne-uomini al 32% nel 2025, massimo storico.
  • Carriere femminili frammentate e stipendi bassi penalizzano le pensioni.
  • Opzione Donna quasi inutilizzabile, accessibile solo a pochi profili.
  • Giovani nel contributivo puro avranno pensioni basse e tardive.
  • Proposta TFR per rafforzare pensioni giovani è ancora vaga.
  • Serve riforma equa per tutelare donne e nuove generazioni.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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