A inizio mese, Goldman Sachs ha emesso un bond “reverse floater” in dollari, scadenza febbraio 2024, ISIN: XS1949610908. Prima di analizzarlo, cerchiamo di capire che tipo di obbligazioni sono. Trattasi di un titolo con cedola variabile, legata a un indice in relazione inversa. Quando parliamo di cedola variabile, infatti, intendiamo quasi sempre che il suo valore tende a crescere con l’aumento del tasso o indice a cui è agganciata. Ad esempio, se compro un’obbligazione con cedola minima dello 0,50% e legata all’inflazione, sto tutelandomi contro il rischio di perdita del potere di acquisto, in quanto il tasso finale che di periodo in periodo percepirò sarà pari a quello minimo garantito all’atto dell’emissione, più il tasso d’inflazione del periodo precedente a cui si fa riferimento.

Nel caso di un “reverse floater”, la cedola si comporta in maniera esattamente opposta: maggiore il tasso a cui è agganciata, minore il suo valore.

In sostanza, chi emette il bond confida che vi sia un aumento del tasso di riferimento, mentre chi lo acquista spera che questo diminuisca. In altre parole, le obbligazioni così strutturate premiano l’investitore nel caso di un calo dei tassi, mentre premiano l’emittente quando i tassi salgono. Torniamo proprio al bond di Goldman Sachs, un quinquennale che offre cedola fissa al 4,5% per i primi 2 anni e dal terzo anno una cedola variabile pari alla differenza tra il 4,5% e il tasso Libor a 3 mesi in dollari, fissando un massimo del 4,5% e un minimo dell’1%. Questo significa che se al 22 febbraio del 2022, 2023 e 2024 il Libor si sarà mosso al rialzo, la cedola sarà inferiore al 4,5%, ma non scenderà sotto l’1% nemmeno nel caso in cui il Libor salisse sopra il 3,5%. Viceversa, se questo scendesse sotto zero, l’investitore non riceverà, comunque, una cedola superiore al 4,5%.

Mercato Treasury, opportunità di guadagno o il calo dei rendimenti è già finito?

Chiaramente, all’obbligazionista converrà che tra due anni il Libor a 3 mesi in dollari risulti quanto più basso possibile e scenda fino ad azzerarsi.

Attualmente, esso si aggira sul 2,625%, un valore nettamente superiore al nostro Euribor di pari durata, fermo da anni al -0,31%. La distanza siderale con i tassi europei è conseguenza della diversa politica monetaria tra USA ed Eurozona, a sua volta il frutto di un diverso ciclo economico, con l’America probabilmente al culmine della sua espansione decennale e l’unione monetaria in condizioni tutt’altro che robuste. Da qui in avanti, dovremmo supporre che i tassi americani siano destinati a ridursi, contrariamente a quelli dell’area nel medio termine. Pertanto, chi avesse acquistato il bond di Goldman Sachs, potrebbe avere scommesso bene, dato che il Libor a 3 mesi dovrebbe scendere rispetto a circa il 2,62% attuale.

Bond Goldman Sachs, ecco i rischi specifici del “reverse floater”

Attenzione, però, perché per l’obbligazionista non americano, come sempre vi è un rischio cambio da tenere sott’occhio, cioè quello per cui alla scadenza del titolo o all’atto del suo disinvestimento anticipato, il valore del capitale sia inferiore a quello di investimento, una volta convertito nella divisa locale. Per essere chiari, se da italiano ho comprato il bond a un tasso di cambio euro-dollaro di 1,13 e quando lo rivenderò sul mercato secondario o mi verrà rimborsato alla scadenza, tale cambio risulterà salito a 1,25, il valore del capitale restituitomi risulterà inferiore di circa il 10% (in euro) rispetto a quando ho investito. Insomma, dovrò sperare che il dollaro almeno non si deprezzi contro l’euro. E, invece, proprio con il calo presunto dei tassi americani, il biglietto verde dovrebbe indebolirsi contro la moneta unica, anche perché quest’ultima con ogni probabilità da qui a 5 anni i tassi li alzerà.

Uno tra il cambio euro-dollaro e i rendimenti USA mente

Riepilogando: se ho investito o intendo farlo nel bond “reverse floater” di Goldman Sachs, debbo confidare che i tassi americani scendano, così da massimizzare il valore della cedola tra tre anni in poi. Tuttavia, il rischio d’interesse e quello di cambio, in questo caso, vanno in direzioni opposte, perché man mano che i tassi si ridurranno, anche il dollaro s’indebolirà. Pertanto, rischio sia di riscuotere cedole basse che di accusare perdite in conto capitale. Se lo stesso bond fosse stato emesso con cedola variabile, ma legata positivamente ai tassi Libor, probabilmente la banca avrebbe offerto una cedola ben più generosa lungo l’intera durata dell’investimento, così da attirare anche capitali dall’estero.

Rischio compensato da “premio” adeguato?

Invece, le obbligazioni siffatte tendono a garantire cedole iniziali fisse e generose, ma come premio all’investitore per il rischio che correrà sul fronte tassi, amplificato dai prezzi. Sì, perché sappiamo che prezzi e rendimento si muovo in direzione opposta per un bond qualsiasi, ma l’entità della cedola tende a “frenare” la caduta o il rialzo delle quotazioni, quando il rendimento sale o scende. In questo caso, non è così. Se li tassi scendono, qui aumenta proprio l’entità della cedola, per cui il prezzo del bond tende a crescere anche in misura considerevole, scontando il doppio effetto positivo. Viceversa, però, se i tassi scendono: la cedola si riduce di valore e il mercato vende ancora di più di quanto non farebbe con un bond ordinario. Sarà anche per questo che Goldman Sachs offre cedola e rendimento iniziali ben superiori a quelli che il mercato oggi spunta con il suo bond marzo 2024, cedola fissa 4%, rendimento al 3,4%, sempre in dollari. A cambiare è proprio la tipologia delle obbligazioni.

Per investire in bond conta la cedola, non solo il rendimento

Immaginando anche che la cedola che verrà corrisposta lungo l’intero quinquennio sarà sempre quella massima, cioè del 4,5%, dovremmo scontare sul fronte cambio un deprezzamento del dollaro contro l’euro atteso nell’ordine di quasi il 14% alla scadenza, stando allo spread Treasury-Bund a 5 anni.

Ciò ridurrebbe a meno del 9% il rendimento effettivo, qualcosa come l’1,7% all’anno. Si consideri che un BTp di pari durata offre oggi circa l’1,4%, solo qualcosa meno di quanto appena calcolato, ma a fronte di un rischio nettamente inferiore, nonostante il rating di Goldman Sachs sia superiore a quello sovrano italiano, ossia pari ad “A3” per Moody’s, “A” per Fitch e “BBB+” per S&P.

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