La “guerra” commerciale tra Cina e America sta facendo bene alle obbligazioni di stato della prima, in rally dalla primavera scorsa, seppure senza gli esiti eclatanti registrati sugli altri mercati. Il bond a 10 anni offre oggi quasi il 3,05%, ai minimi da 3 anni e circa lo 0,40% in meno da aprile. Il titolo a 2 anni rende il 2,63%, anch’esso in calo da aprile, quando stava al 2,95%. E guadagna anche il trentennale al 3,73%, giù dall’oltre il 4% di 4 mesi fa. Sembra che gli investitori non stiano avendo granché paura a buttarsi sul debito cinese, anzi forse le tensioni con l’amministrazione Trump di questi mesi stanno inducendo almeno quelli domestici a optare per assets quanto mai sicuri.

Le obbligazioni cinesi fanno gola e le “junk” rendono a doppia cifra

E le prospettive? Dipenderanno dal cambio. Come sappiamo, all’inizio del mese la Cina ha di fatto svalutato lo yuan, fissandolo giornalmente contro il dollaro a tassi più deboli e superando per la prima volta dal 2008 il rapporto di 7. Non c’è stata una maxi-svalutazione, ma tanto è bastato a rinvigorire i timori di una guerra valutaria tra grandi economie mondiali. Per quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi, molto improbabile che Pechino si spinga oltre. E forse gli stessi mercati stanno apprezzando questa mossa, perché avrebbe posto fine ai dubbi sulla forza del cambio cinese, che in tanti ritenevano e tutt’ora ritengono che sia tenuto un po’ sopravvalutato dalla Banca Popolare Cinese per non indisporre sia gli investitori che, soprattutto, il governo americano.

Ombre cinesi sul rally, fattore cambio

I rendimenti cinesi, per quanto ai minimi da anni, restano nettamente superiori ai livelli di Europa e Giappone e ormai anche di quelli americani. Tuttavia, le distanze con questi ultimi non appaiono ancora lampanti, se è vero che sul tratto a breve della curva, il premio offerto si mostra nei pressi dei 60 punti base.

Troppo pochi per mettersi al riparo da eventuali scossoni sul fronte del cambio. Uno yuan che s’indebolisse di un altro 1-2% contro il dollaro zavorrerebbe i guadagni maturati con i rendimenti “extra”, peraltro dopo l’assunzione di maggiori rischi anche di credito, visto che i bond cinesi non sono certamente sicuri e liquidi come quelli americani.

Le obbligazioni del Pacifico diventano più appetibili con la “guerra” dei dazi USA-Cina

Se lo scenario di una nuova svalutazione venisse accantonato, si aprirebbero interessanti opportunità sui bond cinesi, che non a caso beneficiano dalla primavera scorsa anche dell’inserimento nel Bloomberg Barclays Global Aggregate Index. Man mano che i rendimenti americani arretrassero, diverrebbero relativamente ancora più appetibili, persino nel caso in cui il mercato continuasse a prevedere un ulteriore indebolimento dello yuan. Peraltro, proprio le tensioni commerciali aprirebbero la strada a maggiori stimoli monetari da parte della banca centrale cinese, con effetti ambivalenti sul mercato obbligazionario: da un lato, lo sosterrebbero; dall’altro, indebolirebbe il cambio, dissuadendo gli investitori stranieri dal puntarvi fino a quando non sarà stato ravvisato il raggiungimento di un “floor”, che per alcuni analisti sarebbe in area 7,50.

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