Un lettore ci racconta di avere in portafoglio BTp a 20 anni con scadenza 1 settembre 2040 e cedola 5% (ISIN: IT0004532559). Si mostra preoccupato per il fatto che nelle ultime settimane il titolo si sia deprezzato. In effetti, alla chiusura di venerdì scorso valeva 160, mentre a febbraio toccava il suo apice storico a 169. In poco più di due mesi, quindi, ha perso oltre il 5%. Non tantissimo, dato il trend globale, ma da far impensierire.

Il BTp a 20 anni di cui sopra offre una cedola altissima di questi tempi.

Ma c’è una ragione semplicissima per ciò: il bond fu emesso nel 2009, per cui debuttò come ultra-trentennale e, peraltro, in condizioni di mercato del tutto diverse da oggi. La scadenza ventennale si mostra un buon compromesso tra la necessità di impiegare il capitale nel lungo periodo e quella di non esporsi a durate eccessive. Chi può privarsi della liquidità per un numero elevato di anni, vede questa scadenza come ragionevole.

Il BTp a 20 anni risente della reflazione globale in corso. Poiché i prezzi al consumo stanno accelerando i ritmi per via della ripresa delle materie prime, i rendimenti dei mesi scorsi non bastano più. Dovete anche tenere conto che il bond ancora oggi offre un rendimento dell’1,20%, troppo poco sul piano storico e insufficiente a garantire ritorni adeguati nel caso l’inflazione tendesse al target BCE “vicino, ma di poco inferiore al 2%”.

L’impatto del Recovery Fund sul BTp a 20 anni

Il lettore chi chiede se il debutto del Recovery Fund nei prossimi mesi possa invertire la tendenza. Rispondiamo subito che la sua ratifica da parte di tutti i Parlamenti nazionali, Germania inclusa, metterebbe l’Unione Europea nella condizione di reagire alla pandemia con misure fiscali comuni. E ciò abbasserebbe il rischio sovrano percepito in Italia, così come in Spagna, Portogallo e Grecia. Da questo punto di vista, il BTp a 20 anni ne beneficerebbe.

Il punto è un altro. A parte che questo scenario sia già insito nei prezzi dei titoli, paradossalmente esso stimolerebbe le previsioni di crescita nell’Eurozona e, quindi, anche quelle sull’inflazione.

Il ragionamento da fare è il seguente: se l’economia riparte, l’inflazione dovrebbe seguire a ruota. In più, il mercato diverrebbe più propenso al rischio e si butterebbe sull’azionario e sui bond più rischiosi, vendendo titoli di stato. Al netto, il BTp a 20 anni non vedrebbe migliorate le proprie prospettive a breve e medio termine. Semmai, dati i rendimenti ben maggiori di quelli offerti dai bond dell’area di pari durata, il Recovery Fund mitigherebbe il deprezzamento per un certo periodo, il tempo che i timori sulla reflazione prendano il sopravvento.

E se siete un obbligazionista cassettista?

Abbiamo affrontato il problema nell’ottica di un disinvestimento anticipato, cioè di un impiego del capitale a fini speculativi. Se, invece, avete il BTp a 20 anni in portafoglio come obbligazionisti cassettisti, come non detto. Quale che sia il trend sui mercati, se il vostro obiettivo rimane di attendere la scadenza del bond, nulla dovrebbe importarvi. A maggior ragione, se avete comprato il titolo agli esordi, quando le sue quotazioni si aggiravano intorno alla pari e, quindi, vi offrono un rendimento lordo annuo in area 5%.

E se voglio rivendere il BTp a 20 anni alla prima occasione utile, in cos’altro potrei investire? Fatto salvo che non diamo suggerimenti, ma facciamo solo riflessioni, limitandoci al comparto obbligazionario sarebbe opportuno accorciare la “duration” del portafoglio. Come? Impiegando il capitale ottenuto dal disinvestimento nell’acquisto di bond di minore durata, pur sempre con rendimenti positivi. In questo modo, vi creereste una “scala” obbligazionaria: man mano che i titoli arrivano a scadenza, li rimpiazzerete con altri più remunerativi, dato che nel frattempo i rendimenti sul mercato saranno saliti.

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