Ma davvero la riforma delle pensioni ripartirà da quota 41? Pare di si, ma flessibile, cosa significa?

Che riforma delle pensioni con la nuova versione di quota 41 per tutti? Ecco le ultime indiscrezioni sul futuro del sistema.
2 settimane fa
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riforma quota 41
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Se qualcuno pensa che il tempo si sia fermato, è fuori strada. Non siamo tornati a qualche anno fa, quando – secondo la Lega – il naturale proseguimento di Quota 100 doveva essere una pensione con Quota 41 per tutti, senza penalizzazioni. Niente di tutto questo.

Quota 41 torna ad essere una delle soluzioni ipotizzate per superare, anche se non sufficiente da sola, la riforma Fornero. Ma non nella versione inizialmente proposta dal Carroccio, né in quella sostenuta dai sindacati. La nuova configurazione di Quota 41 per tutti potrebbe infatti rivelarsi molto diversa. E forse parlare di una misura davvero universale è piuttosto azzardato.

Ma davvero la riforma delle pensioni ripartirà da quota 41? Pare di sì, ma flessibile: cosa significa?

Per prima cosa, vediamo di chiarire cosa significhi davvero Quota 41 per tutti.

La misura, così come era stata concepita, prevedeva la possibilità di accedere alla pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica. Non come oggi, dove la misura riguarda solo i lavoratori precoci (con almeno 12 mesi di contributi prima dei 19 anni) appartenenti a quattro categorie: caregiver, invalidi, disoccupati e addetti a lavori gravosi.

Con la Quota 41 per tutti, verrebbero eliminati i vincoli di categoria, permettendo il pensionamento al solo raggiungimento dei 41 anni di contributi, senza limiti di età.

Una misura che, in questa forma, non può funzionare, per evidenti motivi di sostenibilità economica e impatto sui conti pubblici. Secondo i critici – tra cui la stessa Professoressa Elsa Fornero – si tratta di un’idea che doveva essere fermata prima ancora di nascere.

Riforma di Quota 41: come diventerà la misura spot della Lega di Salvini?

Le attuali condizioni della spesa pubblica non permettono l’introduzione di una misura così ampia e onerosa.

Una Quota 41 per tutti, se varata senza limiti, avrebbe un costo eccessivo e finirebbe per sostituire in toto la pensione anticipata ordinaria, riducendo di fatto i requisiti contributivi oggi previsti: 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, contro i 41 anni secchi previsti dalla proposta.

Per questo motivo, se si vuole mantenere viva l’idea di una Quota 41 universale, sarà necessario introdurre correttivi. Di fatto, si tratta di nuove limitazioni alla platea dei beneficiari, anche se meno rigide rispetto alla versione attuale riservata ai lavoratori precoci.

Limitazioni di platea più morbide e maggiore flessibilità

Cosa si prevede, quindi, per la Quota 41 nella nuova riforma delle pensioni? Occorre ricordare che anche oggi esiste una misura simile: la Quota 103, che consente di andare in pensione con 41 anni di contributi, ma solo se si hanno almeno 62 anni di età.

Una futura Quota 41 per tutti andrebbe a sostituire anche Quota 103. Da qui l’idea: perché non farla partire proprio dai 62 anni di età?

L’obiettivo sarebbe quello di delimitare il perimetro dei beneficiari:

  • da un lato, i lavoratori precoci con situazioni specifiche (invalidità, disoccupazione, caregiving, lavori gravosi), che continuerebbero a non avere vincoli anagrafici;
  • dall’altro, tutti gli altri, ai quali verrebbe applicato un requisito minimo di età: 62 anni.

In questo modo si otterrebbe una forma di maggiore flessibilità, mantenendo però una certa equità nel trattamento tra diverse categorie di lavoratori.

Dal calcolo contributivo ai tagli lineari: ecco la soluzione per la riforma delle pensioni

Un nodo centrale è quello del calcolo dell’assegno pensionistico. Se si imponesse il metodo contributivo per tutti, la Quota 41 rischierebbe di diventare un flop, proprio come è accaduto per Quota 103 nel 2024.

Infatti, dal 2024 Quota 103 è diventata una misura interamente contributiva, e ciò ha provocato forti penalizzazioni per chi aveva maturato almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ovvero i lavoratori con diritto al calcolo retributivo fino al 2011. Per loro, l’assegno risulta troppo ridotto.

Ecco dunque una possibile soluzione alternativa: prevedere comunque una penalizzazione, ma diversa. Invece del ricalcolo contributivo, si potrebbe applicare un taglio lineare dell’assegno, pari a circa il 2-3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni previsti dalla pensione di vecchiaia.

Naturalmente, anche in questo caso la penalizzazione riguarderebbe solo i lavoratori che non rientrano nella Quota 41 classica (quella riservata ai precoci, senza limiti di età).

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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