Fino al 2019 il lavoro da remoto era ancora considerato un privilegio per pochi, una chimera per molti, quindi era sempre rimasto appannaggio di alcune categorie. Tuttavia, durante e appena dopo la pandemia, per cause di forza maggiore, è diventato la forma di impiego più diffusa e richiesta, tanto da indurre sia aziende che persone a mantenerlo in maniera permanente.

Sono ormai passati tre anni e del lavoro da remoto (e dello smart working) è rimasto molto meno di quanto ci si aspettava, nonostante presenti dei notevoli vantaggi.

Le aziende sono tornate a volere i propri dipendenti in sede e gli stessi dipendenti hanno preferito recuperare i rapporti con i colleghi, definendo il lavoro da remoto, a volte alienante.

Non solo, con la scusa di un orario iperflessibile, per molti lavoratori non esisteva più lo sbarramento garantito dall’uscita dall’ufficio. Chi lavora da casa deve essere sempre reperibile, o meglio, molti datori di lavoro non si pongono più il problema. Prima era la presenza in ufficio a determinare la disponibilità di un dipendente; con lo smart working questo baluardo è svanito in favore di un’anarchia lavorativa a piena discrezionalità del “capo”.

Lavoro da remoto, croce e delizia dell’era digitale

Non è stato per tutti così: immaginiamo le persone che impiegano un’ora o più a tratta solo per raggiungere la sede di lavoro. O chi invece vuole semplicemente gestire al meglio le ore a propria disposizione ed ottimizzarle anche in un’ottica familiare.

Lo zoccolo duro del lavoro da remoto è rimasto, ne chiede l’applicazione permanente, nonostante un’ormai diffusa renitenza da parte della classe politica.

Molte aziende hanno anche introdotto la politica zero meeting, proprio per ridurre lo spreco di tempo ed evitare collegamenti in videoconferenza.

Il lavoro da remoto divide: per alcuni è una manna dal cielo, per altri è stata una bella esperienza ma da non proseguire, per altri addirittura un problema.

Tra questi ultimi rientra il noto CEO di Tesla e di Twitter, Elon Musk, che proprio attraverso la sua piattaforma ha espresso un parare decisamente negativo sul lavoro da remoto, definendolo un privilegio dannoso e immorale.

Perché Elon Musk condanna il lavoro da remoto: cosa ha detto

Questo duro attacco è arrivato inaspettato. Di Musk si ha l’immagine di un visionario con lo sguardo sempre oltre l’orizzonte, una persona devota alla modernità e al cambiamento. Questa idiosincrasia con il telelavoro può lasciare perplessi e stupiti, soprattutto dopo aver letto le sue dichiarazioni.

In una intervista rilasciata alla Cnbc, il fondatore di Paypal e Tesla ha definito il lavoro da remoto “moralmente sbagliato”.

Definisce i lavoratori in ambito tech, “laptop class”, accusandoli di richiedere, lavorando da casa, privilegi che altre persone, come ad esempio gli operai in fabbrica, non possono ottenere.

“Vuoi lavorare da casa ma pretendi che chi va a costruire in fabbrica la tua auto vada fisicamente a lavoro” Questa è testualmente una delle sue affermazioni.

In tutta onestà, sembra esagerata e fuori luogo: come se dicessimo al signor Musk che non dovrebbe essere ricco perché è moralmente sbagliato nei confronti di chi, per permettere a lui di mangiare o di prendere l’aereo, non vive la stessa vita agiata.

Tra l’altro, la cosiddetta laptop class non è una schiera di parassiti. Se c’è chi va in fabbrica per fare le auto che loro usano, loro stessi producono dei servizi che poi quegli operai utilizzano per comprare online, per rilassarsi guardando serie TV o svagandosi sui social.

Non si capisce questo affondo nei confronti di chi semplicemente ha un’alternativa e può utilizzarla senza nuocere gli altri.

Non dimentichiamo che l’attuale classe di giovani lavoratori è avulsa al retaggio del posto fisso e preferisce viaggiare ed essere un nomade digitale piuttosto che passare una vita intera in un ufficio per 8/10 ore al giorno.

Il lavoro da remoto è il segno, dei tempi, con buona pace del nostro visionario.

Un pensiero in controtendenza, ora che diverse aziende stanno anche pensando alla settimana corta.

Il lavoro da casa riduce la produttività

Musk ha anche definitivo improduttivo accendere il computer da casa, quando invece pensa che sarebbe meglio stare otto ore in ufficio, passandone tre o quattro davanti alla macchinette del caffè o a parlare con i colleghi?

Come accade da sempre, in ogni ambito dell’esistenza, ci sono persone che, per la particolare formazione e competenza, hanno accesso ad alcuni privilegi. Ma nel momento in cui questi non intaccano la libertà di nessuno, non si capisce dove sia l’onta morale.

Dovremmo in realtà considerare moralmente inaccettabile avere un contratto da 40 ore e lavorarne 50 o 60 senza considerare gli straordinari (ma anche considerandoli si rinuncia ad una vita reale).

Però Musk ha lodato i dipendenti della Tesla di Shangai per aver lavorato fino alle 3.00 a.m in una sorta di loop senza sosta, mangiando e dormendo sul posto di lavoro per non rischiare interruzioni della produzione per via di un outbreak.

Lui stesso ha detto di prendersi al massimo due o tre giorni di pausa dal lavoro ogni anno, lavorando anche sette giorni su sette con meno di sei ore a notte di riposo.

Sempre meno dei suoi dipendenti in Cina comunque!