L’Iran dell’ayatollah è un’economia a pezzi, dai balconi il popolo grida la sua rabbia

L'ayatollah Khamenei deve fronteggiare anche un nemico interno, cioè lo stesso popolo dell'Iran, in collera tra povertà e tirannia.
1 mese fa
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Ayatollah Khamenei rischia di perdere il potere
Ayatollah Khamenei rischia di perdere il potere © Licenza Creative Commons

C’è rabbia a Teheran e in tutto l’Iran. E non soltanto e tanto contro i raid di Israele, bensì lo stesso regime islamista. Dai balconi delle case sono in tanti i cittadini a gridare in questi giorni “a morte l’ayatollah”. Khamenei, al potere sin dal 1981 come presidente e dal 1989 come guida spirituale della Repubblica Islamica, è un uomo sempre più solo. La catena di comando che a lui faceva capo fino a qualche giorno fa è stata decimata dal Mossad. Si era speculato persino che fosse già scappato a Mosca, ospite del Cremlino come Bashir al-Assad dal dicembre scorso.

La sua residenza è stata colpita dai raid israeliani, ma egli si troverebbe in un bunker nella capitale iraniana.

Auto-isolamento e tirannia

Ci sono tante ragioni per essere in collera con l’ayatollah. La privazione della libertà è sempre più soffocante negli ultimi anni. Meno di tre anni fa, la 22-enne Mahsa Amini veniva arrestata, torturata in caserma e uccisa per avere indossato il velo in maniera non conforme all’islam. Le proteste dilagarono in tutto l’Iran, ma il regime sopravvisse anche ad esse come già accaduto con le più temibili del 2009.

L’Iran è una Repubblica Islamica sin dal 1979, anno in cui l’ayatollah Khomeini lasciò Parigi per guidare la rivoluzione contro lo Scià, accusato di corruzione, metodi repressivi e di avere occidentalizzato la Persia. Da allora il regime ha isolato l’Iran dal resto del mondo. Gli Stati Uniti e i loro alleati sono il “grande satana”, mentre Israele è considerato il “piccolo satana” del Medio Oriente. La battaglia ideologico-religiosa viene combattuta quotidianamente anche contro gli stati mussulmani di rito sunnita, essendo l’Iran a maggioranza sciita.

Economia a pezzi

E’ in questo clima di auto-isolamento che si spiega la caduta dell’economia. Pensate che quando l’ayatollah Khomeini prese in mano il potere, per un dollaro servivano 70 rial. Adesso, il cambio è di quasi 985.000 rial per un dollaro. E da quando sono iniziati i raid israeliani c’è stato un tracollo vicino al 15%. Il cambio ufficiale resta fissato, invece, al tasso irrealistico di 42.100 rial. E a maggio l’inflazione era al 38,9%. La media negli ultimi anno ha sfiorato il 40%. Almeno un terzo della popolazione vive sotto la soglia della povertà, percentuale che alcuni analisti indipendenti danno al 50%.

Il Pil pro-capite sotto il regime dell’ayatollah è cresciuto al ritmo medio dell’1,5% all’anno. Negli stessi 45 anni, nella vicina Turchia è cresciuto del 4,4% in media. Il triplo. Gli occupati sono scesi di recente sotto i 25 milioni su una popolazione complessiva superiore ai 90 milioni di abitanti. Il tasso di occupazione risulta inferiore al 40% e tende a scendere almeno sin dagli inizi degli anni Novanta. La disoccupazione giovanile supera il 20%, il triplo della media generale.

L’economia dell’ayatollah si regge essenzialmente grazie al petrolio, le cui esportazioni nel 2024 ammontavano al 58% del totale. In valore, circa 67 miliardi di dollari. Trattasi di 580 milioni di barili, la media di quasi 1,6 milioni al giorno.

E questo, malgrado le sanzioni dell’Occidente, riattivate nel 2018 dalla prima amministrazione Trump dopo lo stralcio dell’accordo sul nucleare. La guerra con Israele minaccia questo business, al contempo mettendo in allarme l’intera economia mondiale per le ripercussioni che avrebbe un boom delle quotazioni internazionali.

Ayatollah impopolare, cambio di regime possibile

C’è un aspetto poco studiato e che forse contribuisce a far capire l’impopolarità dell’ayatollah Khamenei e del suo brutale regime islamista. La popolazione in Iran è molto giovane. Il 60% ha meno di 30 anni e appena il 12% ha più di 60 anni. Questo significa che la stragrande maggioranza degli iraniani non era neanche nata quando vi fu la rivoluzione del ’79. E coloro che hanno l’età per potersela ricordare, sono una minoranza esigua. In sostanza, l’ayatollah non può confidare nella gratitudine del suo popolo, ammesso che possa anche solo immaginare di averne diritto per come gestisce il potere. Il “regime change” è più probabile di quanto pensiamo.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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