Nei giorni scorsi i fondi pensione britannici hanno sottoscritto il “Mansion House Accord” con cui s’impegnano ad investire il 10% delle risorse sul mercato dei private asset al 2030, di cui la metà nel Regno Unito. Dai calcoli è emerso che l’economia britannica si gioverebbe di ulteriori 25 miliardi di sterline in settori come le infrastrutture domestiche. Il Cancelliere dello Scacchiere, Rachel Reeves, figura corrispondente al nostro ministro dell’Economia, punta ora a rendere tale accordo vincolante. In pratica, persegue l’idea dell’investimento forzoso per i fondi pensione con contribuzione definita (DC).
Dubbi sull’idea di Reeves
I 17 fondi pensione britannici ad oggi investono l’8% dei loro asset sul mercato azionario domestico, una percentuale doppia rispetto al peso che la Borsa di Londra detiene nell’indice MSCI.
In pratica, già oggi essi sovrappesano il mercato britannico. Una delle principali ragioni per cui lo fanno, è che certamente così non si espongono al rischio di cambio. Ma l’ipotesi di una sorta di investimento forzoso non piace al settore, né agli stessi consiglieri di Reeves, che stanno cercando di dissuaderla dall’intento.
I private asset sono attività non quotate in borsa, generalmente di proprietà di uno o pochi soggetti. Praticamente, Reeves sta subendo la pressione del mondo delle piccole e medie imprese a caccia di risorse con cui finanziare le loro attività. Il punto è che l’assenza di un mercato secondario per gli scambi le rende poco liquide. E questo può diventare un problema nel momento in cui si desidera disinvestire. Esiste anche una minore trasparenza contabile e generalmente le stesse valutazioni non sono facili da effettuare, mancando l’incontro tra domanda e offerta.
Obiettivi macro e profitto in contrasto
L’investimento forzoso nasce dall’idea che l’economia britannica abbia bisogno di risorse fresche per potenziare il suo ritmo di crescita, facendole affluire verso quei comparti più bisognosi di liquidità. Se il ragionamento può apparire sensato e persino condivisibile, stiamo perdendo di vista che tali risorse siano di proprietà di chi le versa, ossia perlopiù lavoratori. E l’obiettivo non può essere di natura macroeconomica, bensì l’ottenimento del massimo risultato possibile in favore del beneficiario. In altre parole, i private asset domestici non è detto che soddisfino la logica del profitto che sta dietro ai versamenti nei fondi pensione.
Investimento forzoso con maggiori rischi
I rendimenti offerti potranno risultare simili a quelli già oggi esitati sui mercati regolamentati. Con la differenza che ci si espone tendenzialmente ad un rischio più elevato, tra cui la bassa liquidità degli asset sopra citata. L’investimento forzoso non è un’ipotesi esclusivamente britannica. Anche in Italia di tanto in tanto spuntano tentazioni sul piano politico per costringere i fondi a puntare maggiormente sugli asset domestici. Da noi gli impieghi in asset domestici sono effettivamente bassissimi, spesso marginali. Tuttavia, il problema sta a monte: la scarsa appetibilità di questi ultimi e il loro basso ritorno atteso nel medio-lungo termine.
Imporre paletti per via legislativa non aiuta. Basti pensare al flop dei nuovi PIR con l’introduzione della percentuale minima di investimenti a favore degli indici azionari minori a Piazza Affari, notoriamente poco liquidi.