Buone notizie per i consumatori dell’Eurozona, che nel mese di maggio hanno sostenuto un’inflazione in calo all’1,9% annuale dal 2,2% di aprile. L’indice dei prezzi al consumo “core”, al netto dei generi alimentari freschi e dell’energia, è salito del 2,3% dal 2,7% nel mese precedente. Si è trattato dell’aumento più lento dall’ottobre del 2021. Gli analisti si aspettavano un dato generale al 2%. Interessante notare come i prezzi dei servizi abbiano subito una forte decelerazione dal +4% tendenziale di aprile al +3,2%, ai minimi da marzo 2022. Quest’ultimo è un dato monitorato con estrema attenzione dalla Banca Centrale Europea (BCE), in quanto segnala la possibile persistenza o meno dell’inflazione per effetto, in particolare, dei rinnovi contrattuali.
Pausa estiva sui tassi in dubbio
A questo punto, è praticamente certo che dopodomani l’istituto taglierà i tassi di interesse dello 0,25% al 2% sui depositi bancari. Non che vi fossero dubbi fino a qualche ora fa. Semmai, il dibattito di queste settimane ruota tutto attorno alla probabile pausa estiva sui tassi. I cosiddetti “falchi”, capeggiati dalla Bundesbank, ritengono che la strada per la normalizzazione monetaria sia stata quasi del tutto percorsa e prima di eventualmente tagliare ancora una volta i tassi, bisognerebbe attendere nuovi dati macro che giustifichino tale operazione.
Prezzi alla produzione giù
Viceversa, “colombe” come Banca di Francia e Banca d’Italia sostengono che vi sarebbe il rischio di agire troppo tardi per evitare che le aspettative d’inflazione nell’Eurozona si disancorino rispetto al target del 2%. Paventano una possibile deflazione nel breve termine per effetto dei dazi americani, i quali dirotterebbero le esportazioni dagli Stati Uniti al mercato europeo. E non c’è solo il dato sull’inflazione di maggio a mettere in dubbio la pausa estiva. I prezzi alla produzione nell’area sono scesi dell’1,6% a marzo rispetto a febbraio, ultima rilevazione ad oggi disponibile. L’incremento annuale è stato dell’1,9%, in netto calo dal 3% del mese precedente
Prezzi produzione Eurozona © Licenza Creative CommonsI prezzi alla produzione tendono ad anticipare il trend dell’inflazione, in quanto segnalano le variazioni dei costi subite dalle imprese. Dall’apice toccato nel settembre del 2022, l’indice perde l’11,5%.
In pratica, oggi produrre nell’Eurozona costa meno rispetto al momento più drammatico vissuto durante la crisi dell’energia. Certo, rispetto al periodo pre-pandemico siamo pur sempre a +39%. Pensate che nel quinquennio precedente il rialzo era stato di appena il 3,4%. Questo è il passato, però. I costi di produzione sembrano essersi stabilizzati insieme ai prezzi dell’energia. L’inflazione di maggio potrebbe preludere ad un calo duraturo sotto il 2%.
Inflazione a maggio preludio per ulteriori cali?
Se all’inizio dell’anno il Brent era arrivato a costare più di 80 dollari al barile, da settimane si trova sotto i 65 dollari. E il prezzo del gas europeo è tornato ai livelli dell’anno scorso di questi tempi, mentre per mesi era stato nettamente sopra. Saranno gli sviluppi attorno alla guerra tra Russia e Ucraina ad impattare nei prossimi mesi sulle quotazioni internazionali. Infine, la questione dazi. Il presidente Donald Trump si è detto ieri “ottimista” sul raggiungimento di un accordo commerciale con l’Unione Europea.
Ciò allevierebbe i timori su uno scivolamento dell’economia europea verso la deflazione nel breve termine, ma allenterebbe la minaccia inflazionistica nel medio-lungo.