Impatriati. La residenza anagrafica serve entro fine anno

Ci deve essere un nesso diretto tra trasferimento in Italia e inizio di un'attività lavorativa agevolata con il regime impatriati
12 mesi fa
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Impatariati
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I lavoratori che trasferiranno la propria residenza anagrafica in un comune italiano entro fine anno potranno sfruttare i vantaggi ben più sostanziosi del vecchio regime fiscale riservato agli impatriati.

Tuttavia, ai fini dell’applicazione della norma, ci deve essere sempre un nesso tra trasferimento in Italia e l’inizio di un’attività lavorativa. Dunque la ragione del trasferimento deve essere lo svolgimento di un’attività lavorativa, anche di impresa o una professione. Inoltre, è necessario che che nei due anni precedenti il lavoratore non sia stato residente fiscalmente in Italia.

Su tale punto, potrebbero esserci problemi rispetto ai cittadini italiani che non si sono mai cancellati dalla popolazione residente ossia che non si sono mai iscritti all’AIRE.

Vediamo come comportarsi rispetto a queste due criticità.

Il regime fiscale per i lavoratori impatriati

L’art.16 del D.lgs 147/2015 prevede un regime di favore per i lavoratori che decidono di trasferire la propria residenza fiscale in Italia.

In applicazione di tale regime il lavoratore paga le imposte solo:

  • sul 30% del reddito prodotto in Italia;
  • sul 10% laddove la residenza anagrafica sia spostata in una delle regioni del Mezzogiorno.

A tal fine è necessario che:  il lavoratore non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni;
l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

La tassazione agevolata opera a partire dal periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita in Italia e nei successivi 4, il reddito è tassato con il regime fiscale agevolato. L’agevolazione riguarda tanto i cittadini italiani che fanno rientro in Italia, tanto gli stranieri.

Impatriati. La residenza anagrafica serve entro fine anno

Come accennato in premessa, il nuovo decreto di riforma fiscale sulla fiscalità internazionale prevede che chi trasferirà la propria residenza anagrafica in un comune italiano entro fine anno avrà diritto al vecchio regime di favore.

Difatti, in tal modo scongiurerà l’applicazione della  tassazione con il nuovo regime fiscale riservato agli impatriati che è molto meno conveniente.

Dunque si prendono le vecchie regole impatriati se la residenza è trasferita nel 2023.

Potrebbero sorgere delle criticità rispetto alla verifica del nesso tra trasferimento e svolgimento dell’attività all’estero nonché sull’iscrizione all’AIRE.

Il nesso con l’attività lavorativa. Quali criticità?

Sul primo punto, molti lavoratori potrebbero pensare di trasferirsi in Italia (trasferimento residenza anagrafica) entro fine anno per prenotare l’applicazione del regime di favore per poi iniziare a lavorare; anche dopo qualche mese.

Tuttavia, c’è da dire che nella circolare n°17/2017 sugli impatriati, l’Agenzia delle entrare ha avuto modo di chiarire che possono accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi. 

Dunque il trasferimento deve trovare ragione nel fatto che il lavoratore si trasferisce in Italia per lavorare. Da qui, non sembrerebbe ammesso un inizio troppo tardivo dell’attività dopo il rientro in Italia. Anche se c’è da dire che la G.G.T, Milano, con la sentenza n°2587/2023, 10 luglio 2023, ha affermato che la norma in esame non prevede alcun periodo temporale preciso entro il quale, una volta rientrato in Italia, il lavoratore deve iniziare l’attività lavorativa.

Tuttavia, la mancanza di un nesso tra rientro e svolgimento dell’attività, direttamente ravvisabile al momento del rientro in Italia, potrebbe far sorgere un contenzioso con il Fisco.

L’iscrizione all’AIRE

Sull’iscrizione all’Aire invece c’è da dire che potrebbero esserci problemi rispetto ai cittadini italiani che non si sono mai cancellati dalla popolazione residente ossia che non si sono mai iscritti all’AIRE.

Tuttavia, tali soggetti potranno sfruttare l’attuale regime agevolato se  purche’ abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni.

In tal modo sono tutelati i contribuenti che, pur avendo effettivamente trasferito la propria residenza all’estero, non abbiano provveduto a cancellarsi dall’anagrafe nazionale della popolazione residente o vi abbiano provveduto tardivamente (vedi circolare 33/E 2020).

Nei fatti viene data a tali soggetti la possibilità di dimostrare di essere stati residenti all’estero sulla base degli elementi probatori di natura sostanziale. In tal modo  è superato il requisito formale della mancata iscrizione all’AIRE, o della iscrizione per un periodo insufficiente.

Riassumendo…

  • La riforma fiscale cambia il regime fiscale agevolato previsto per i lavoratori impatriati;
  • chi trasferirà la propria residenza anagrafica in in comune italiano entro il 31 dicembre, avrà diritto ai vecchi sconti;
  • ci deve essere un nesso diretto tra trasferimento in Italia e inizio di un’attività lavorativa nel breve termine.

 

Andrea Amantea

Giornalista pubblicista iscritto all’ordine regionale della Calabria, in InvestireOggi da giugno 2020 in qualità di redattore specializzato, scrive per la sezione Fisco affrontando tutte le questioni inerenti i vari aspetti della materia. Ha superato con successo l'esame di abilitazione alla professione di Dottore Commercialista, si occupa oramai da diversi anni, quotidianamente, per conto di diverse riviste specializzate, di casi pratici e approfondimenti su tematiche fiscali quali fatturazione, agevolazioni, dichiarazioni, accertamento e riscossione nonché di principi giurisprudenziali espressi in ambito di imposte e tributi.

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