Anche se può sembrare una stretta sull’Assegno di Inclusione, la novità introdotta dal governo con un recente decreto — che rischia di portare alla sospensione del beneficio per molte famiglie — nasce da presupposti diversi.
Parliamo della frequenza scolastica dei figli, relativamente alla scuola dell’obbligo: è questo il nuovo requisito che, se non rispettato, può far perdere il diritto all’Assegno di Inclusione.
Obiettivo del governo: contrastare la dispersione scolastica
Come appare evidente, l’obiettivo del governo è contrastare la dispersione scolastica e tutelare il diritto allo studio, più che limitare l’accesso all’Assegno di Inclusione.
Certo è che, con le nuove regole, alcuni cittadini e famiglie rischiano davvero di perdere un trattamento economico percepito magari da anni, a causa della scelta di un figlio che decide di interrompere gli studi.
“Se mio figlio lascia la scuola, perdo il sussidio?” Il caso reale
“Buonasera, ho letto con interesse un vostro articolo relativo al fatto che se i figli non frequentano la scuola si perde l’Assegno di Inclusione. Il fatto è che mi avete allarmato parecchio, fissando al secondo superiore il limite della scuola dell’obbligo. Siamo una famiglia composta da quattro persone, ma percepisco l’Assegno solo per i miei due figli. Uno frequenta la prima media, l’altro ha frequentato il primo superiore di un Istituto Agrario. Lo bocceranno quest’anno per troppe assenze. Parlando con lui, mi ha detto che non vuole più andare a scuola e che cercherà lavoro. Ora però mi chiedo: a causa di questa sua scelta — che contesto, ma che credo sia legittima — perderò il sussidio, cioè ciò con cui viviamo?”
Il nuovo requisito che fa perdere l’Assegno di Inclusione? Ecco la verità su figli e scuola
All’arrivo della notizia, l’allarme è stato immediato.
Effettivamente, i vincoli sono aumentati: una nuova norma, introdotta con decreto del Ministero del Lavoro, rende il provvedimento effettivo da maggio.
Per beneficiare dell’Assegno di Inclusione, diventa ora obbligatorio che i figli minorenni siano iscritti e frequentino regolarmente una scuola fino al termine dell’obbligo scolastico.
In caso contrario, l’Assegno viene immediatamente sospeso.
Come abbiamo già evidenziato in altri approfondimenti, la scuola dell’obbligo si estende fino al secondo anno della scuola secondaria di secondo grado: cioè, 10 anni complessivi di istruzione, che comprendono 5 anni di scuola primaria, 3 di scuola secondaria di primo grado e almeno 2 anni di scuola superiore.
Guai a sottovalutare la novità sull’Assegno di Inclusione
Chi crede che sia un vincolo secondario o che nessuno verifichi la frequenza scolastica, commette un errore.
Il decreto pone le basi per l’introduzione di regole severe e di una piattaforma di monitoraggio efficace.
Le verifiche sulle famiglie saranno affidate ai servizi sociali comunali.
Sarà infatti l’operatore sociale incaricato (assistente sociale o psicologo) a svolgere tutti i controlli necessari.
Ricordiamo che i beneficiari dell’Assegno devono presentarsi ogni 90 giorni presso i servizi sociali per verificare i progressi nell’inclusione sociale del nucleo familiare.
L’onere della prova spetta alla famiglia? Sì, ma solo in un caso
Ci si chiede: è la famiglia a dover dimostrare che il figlio frequenta regolarmente la scuola?
La risposta è sì, ma solo nel caso in cui la banca dati del Ministero dell’Istruzione non restituisca automaticamente le informazioni richieste.
In tal caso, il servizio sociale richiederà documentazione al nucleo familiare.
Tutto il processo verrà gestito tramite la piattaforma GEPI, in uso ai servizi sociali.
Quando si rischia davvero la sospensione dell’Assegno di Inclusione
È importante chiarire: l’Assegno di Inclusione può essere sospeso solo se il minore che ha abbandonato la scuola è incluso nella scala di equivalenza che dà diritto al beneficio.
Se, ad esempio, il figlio trova lavoro a 16 anni, oppure se nel nucleo familiare c’è un altro soggetto minorenne, invalido o over 60, l’Assegno non viene sospeso, ma può essere ridotto.
La sospensione totale avviene solo se l’unico componente che consente alla famiglia di percepire il beneficio è proprio il figlio che ha lasciato la scuola e non lavora.