L’emergenza epidemiologica da Covid-19 in Italia ha spinto il Governo a rivedere alcune condizioni di accesso ai sussidi previdenziali fino ad ora riconosciuti dallo Stato. Tenuto conto della crisi scatenata dai continui lockdown, nonché delle sue ripercussioni sul sistema economico-sociale e lavorativo, l’Esecutivo ha deciso di intervenire anche in merito al riconoscimento del reddito di cittadinanza. Ferme restando le condizioni di necessità che danno diritto alla card, ad essere venuti meno – allo scoppio della pandemia – sono stati alcuni obblighi connessi alla fruizione del sussidio stesso.

Vediamo cosa è cambiato.

Reddito di cittadinanza, dall’entrata in vigore al primo intervento di modifica del Governo per far fronte all’emergenza Covid

Fin dalla sua entrata in vigore, il reddito di cittadinanza è stato riconosciuto a soggetti e famiglie in possesso di determinati requisiti. Per ricevere il sussidio versato dall’Inps, infatti, è necessario rispettare alcune “condizionalità”.

Dall’immediata disponibilità al lavoro all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale. Si tratta di percorsi che prevedono attività di: servizio alla comunità, riqualificazione professionale, completamento degli studi o altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e – appunto – all’inclusione sociale.

Al rispetto di queste condizioni sono tenuti i componenti maggiorenni del nucleo familiare destinatario del beneficio, non occupati e che non frequentano un regolare corso di studi.

Il venir meno di uno dei requisiti sopra elencati (o il mancato rispetto del patto per il lavoro e il patto per l’inclusione sociale) avrebbe comportato – nei periodi pre pandemia – la sospensione del sussidio stesso. In considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 in Italia, però, le cose sono cambiate. Il Governo ha deciso così di intervenire, cercando di andare incontro a chi, a causa dell’emergenza sanitaria, si trovava in forti difficoltà economiche.

Come cambia il reddito di cittadinanza con il decreto Cura Italia: gli obblighi sospesi

A decorrere da marzo 2020, quando è stato dichiarato lo stato di pandemia dall’OMS e le attività non essenziali venivano sospese, il Governo ha deciso di far venir meno alcuni obblighi legati alla fruizione del reddito di cittadinanza.

In particolare, il decreto Cura Italia ha sospeso:

  • i termini decadenziali previsti per la comunicazione della variazione del nucleo;
  • l’obbligo di comunicazione di variazione dell’attività lavorativa;
  • le comunicazioni delle variazioni relative al patrimonio immobiliare, mobiliare e ai beni durevoli.

Le ragioni di questo sono da ricercarsi nello stato di emergenza in cui si è trovata l’Italia a partire da marzo 2020, con il primo lockdown. In questo modo il Governo ha voluto garantire supporto e sostegno di tipo economico alle famiglie già in difficoltà, sospendendo gli adempimenti amministrativi verso INPS e INAL.

Reddito di cittadinanza, si cambia ancora: le novità del dl Sostegni

Con la crisi pandemica non del tutto rientrata in Italia, l’Esecutivo di Mario Draghi – un anno dopo – sta ancora facendo i conti con le conseguenze negative dell’emergenza Covid. Da qui la decisione (e la necessità) di varare un nuovo decreto, volto a estendere, prorogare e rivedere alcuni dei principali aiuti destinati a chi è in difficoltà. Tra questi, c’è anche il reddito di cittadinanza, per il quale è stato deciso di:

  • prorogare/riconfermare la sospensione degli adempimenti amministrativi verso INPS e INAIL;
  • non far venir meno il diritto alla percezione del reddito di cittadinanza nel caso di stipula di contratto di lavoro a tempo determinato.

Nello specifico, è possibile stipulare uno o più contratti a termine senza che il reddito di cittadinanza venga perso o ridotto, a patto che il valore del reddito familiare risulti comunque pari o inferiore a 10.000 euro annui.

In questo caso gli importi versati nella card verranno semplicemente sospesi per tutta la durata del contratto stipulato dal beneficiario (e fino ad un massimo di sei mesi).

Al termine dell’impiego il sussidio tornerà ad essere riconosciuto.

Restano invece fermi tutti gli altri requisiti di cittadinanza, reddito ISEE, patrimonio immobiliare, finanziario e familiare.