Se il contratto a termine viene snaturato del suo scopo, il datore può essere obbligato a trasformarlo in contratto a tempo indeterminato? Ci scrive Laura da Latina: “Sono stata assunta nell’ufficio di una famosa agenzia immobiliare, di cui non faccio il nome onde evitare ripercussioni, con contratto a tempo determinato della durata di tre mesi. Con il rinnovo mi era stato promesso il passaggio all’indeterminato ma mi è stato fatto un altro contratto a 6 mesi e, la terza volta, ad un anno. Ora quest’ultimo sta per scadere e io ho paura che non mi sia rinnovato. Ho qualche tutela? Di fatto le mie mansioni sono di segreteria e back office quindi la forma del contratto a termine non è giustificata. Sbaglio? Posso costringere il datore di lavoro a passarmi al contratto a tempo indeterminato?

Un recente caso di giurisprudenza si è occupato di uno scenario simile.

Il riferimento è all’ordinanza della Cassazione  n.12643 del 13 maggio 2019. Il principio emerso è che se le mansioni a cui il lavoratore viene adibito non coincidono con la causale, il contratto a tempo determinato è considerato illegittimo. La protagonista di questa storia si era vista rinnovare per ben tre volte il contratto a termine, come del resto la nostra lettrice. I giudici hanno ribadito che il datore di lavoro è tenuto ad esplicitare nel contratto, in modo dettagliato e puntuale, le ragioni oggettive, ovvero le circostanze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o di sostituzione personale, che giustificano la previsione  di un termine nel contratto. E sarà compito del giudice di merito anche accertare la sussistenza di dette ragioni, analizzando di volta in volta il nesso di connessione.

La fattispecie è anche l’occasione utile per ribadire alcune regole  entrate in vigore con il Decreto Dignità proprio in materia di assunzioni con contratti a tempo determinato.

Più nello specifico, per i contratti a termine avviati dal 14 luglio 2018, sono imposti i seguenti paletti e limiti:

  • durata massima di 24 mesi per tutti i rapporti intercorsi con il medesimo datore per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale, in luogo del precedente limite imposto dal Jobs Act pari a 36 mesi;
  • numero massimo di 4 proroghe nell’arco di 24 mesi, una in meno quindi rispetto alle 5 previste dal vecchio regime;
  • giustificazione del rapporto da apposite esigenze aziendali al superamento dei 12 mesi, sia per effetto di un unico contratto che di una o più proroghe.

Per quanto riguarda l’ultimo punto, è previsto un elenco tassativo di causali:

  • Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • Esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • Esigenze legate ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

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