L’Agenzia delle entrate – con la circolare n. 19/E del 29 dicembre 2021, firmata dal direttore Ernesto Maria Ruffini – ha fornito tutti i chiarimenti relativi alla disciplina dei PIR (Piani Individuali di Risparmio). Alla luce delle modifiche intervenute nel corso degli anni, si sono succedute diverse tipologie di Pir, ma, ad oggi, è possibile costituire soltanto due di esse: Pir 3.0 e Pir alternativi. Vediamo meglio di cosa si tratta e quali sono le loro differenze.

Pir (Piani Individuali di Risparmio), cosa sono?

I PIR (Piani Individuali di Risparmio) sono strumenti di investimento di medio e lungo periodo, riservati alle persone fisiche, che danno diritto ad un trattamento fiscale agevolato a condizione che siano rispettate alcune limitazioni previste dalla legge, con riferimento alla composizione dei portafogli e alla durata dell’investimento (minimo 5 anni).

Si caratterizzano per il fatto di avere una percentuale più elevata di investimenti in strumenti emessi da imprese italiane o europee con stabile organizzazione in Italiane.

“3.0” e “Alternativi”, quali sono le differenze?

Come già detto in apertura, l’Agenzia delle entrate ha appena pubblicato una circolare dove vengono analizzate le novità relative ai Pir intervenute negli ultimi anni.

Ad oggi, è possibile costituire soltanto due tipologie di Pir.

“Pir 3.0”, dal 1° gennaio 2020, costituiti per il 70 per cento da strumenti finanziari qualificati. Questa quota, inoltre, deve essere investita almeno:

  • per il 25 per cento in strumenti finanziari di imprese NON FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri;
  • per il 5 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati esteri.

“Pir alternativi”, dal 19 maggio 2020, i cui investimenti sono costituiti per almeno il 70% in strumenti finanziari ai quali si applica il regime previsto.

L’obiettivo dei PIR Alternativi è quello di utilizzare il risparmio come risorsa finanziaria della collettività indirizzandolo su investimenti illiquidi al fine di assicurare risorse al settore delle piccole e medie imprese.

Si tratta, di investimenti, sia in capitale di rischio sia in capitale di debito, nell’economia reale e, in particolare, nel mondo delle società non quotate.

 

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