La spesa per le pensioni in Italia è destinata a diventare insostenibile. Colpa della pandemia e di un sistema di calcolo (retributivo) che costringe lo Stato a intervenire sugli assegni senza adeguata copertura contributiva.

In assenza di situazioni di crisi, il sistema pensionistico riuscirebbe a rimanere in equilibrio fino al 2035 – come ribadito più volte dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico –  quando il sistema di calcolo contributivo puro andrà a regime per tutti. Del resto anche le proiezioni elaborate dal Ministero del Lavoro anni addietro avevano rassicurato un po’ tutti.

Ma oggi, con lo scoppio della pandemia, tutto il sistema è da rivedere.

Pensioni a rischio se non si interviene subito

Come ha detto recentemente il governatore di Bankitalia Ignazio Visco intervenendo all’incontro Deutsche Bank e Università Bocconi sul tema ‘Gli Stati Generali delle Pensioni, “la pandemia peggiora i problemi di debito e pensioni”. Quindi, o si interviene sul sistema della spesa o fra qualche anno non ci saranno più soldi per pagare le pensioni.

La pandemia e le misure adottate per il suo contenimento hanno esacerbato entrambi i problemi: di debito pubblico alto e di sostenibilità dei sistemi pensionistici.

 Il rapporto tra debito pubblico e prodotto è aumentato ovunque, per effetto della recessione (sia in modo diretto sia attraverso l’operare degli ammortizzatori automatici di bilancio) e delle misure espansive discrezionali. L’aumento della disoccupazione si rifletterà, almeno nel breve periodo, in più alti tassi di pensionamento e in minori entrate contributive“, ha detto.

Come intervenire

Non è più possibile innalzare l’età pensionabile, anche perché l’aspettativa di vita non cresce più. Non sarà nemmeno sufficiente eliminare le pensioni anticipate. Quello che bisognerà fare – come spiegato chiaramente dalla Corte dei Conti lo scorso mese di settembre intervenendo sul tema – è tagliare gli assegni.

Già, ma come? La soluzione, già ventilata anni fa dal governo Monti durante la crisi del 2011 e poi lasciata nel cassetto, sarebbe quella di ricalcolare tutte le pensioni esistenti col sistema contributivo.

Con evidente e automatica penalizzazione, ma con un meccanismo di salvaguardia che tuteli gli assegni più bassi.

Chi percepisce oggi la pensione liquidata interamente col sistema di calcolo retributivo potrebbe subire un taglio pesante da una certa soglia in su. Viceversa, chi ha ottenuto la pensione col sistema misto subirebbe una penalizzazione minore.

Le pensioni future per i giovani

Per chi andrà in pensione in futuro, invece, il rischio è che si aprano scenari più preoccupanti. Spiega ancora Visco:

I sistemi a capitalizzazione risentiranno del calo registrato dai rendimenti finanziari (che riduce il valore del montante accumulato) e l’aumento della disoccupazione avrà l’effetto di ridurre i versamenti dei lavoratori ai fondi.

Per quanto riguarda i sistemi pubblici a ripartizione, la riduzione degli occupati ridurrà le entrate contributive, e probabilmente aumenterà gli esborsi (chi ha perso il lavoro in questi mesi tenderà, se le regole glielo consentono, a pensionarsi)“.

E’ necessario quindi spostare la spesa pensionistica in avanti, per garantire ai giovani lavoratori di oggi una degna pensione domani.  Del resto l’Italia, a differenza di altri Paesi, è inoltre al primo posto per la percentuale di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione.

Sono oltre due milioni, il 22% della popolazione in questa fascia di età, il 33% nel Mezzogiorno. Si tratta di un drammatico spreco di potenzialità a livello non solo economico, con conseguenze particolarmente gravi sul piano sociale. E’ quindi urgente rispondere.

Da questo soprattutto dipende il futuro del Paese e, in ultima istanza, il rientro da un debito pubblico molto elevato e la sicurezza del mantenimento degli impegni sul fronte previdenziale“, ha concluso Visco.