La riforma pensioni è già tema di battaglia per la campagna elettorale. Il prossimo anno si vota per il rinnovo della legislatura e i partiti iniziano ad affilare le armi. Il governo intanto appare sempre più debole e cerca di durare ancora un po’.

Così, come per le elezioni del 2018, la Lega di Matteo Salvini torna a puntare i piedi sulla riforma pensioni minacciando barricate se tornano le regole Fornero dal 2023. Il leader del Carroccio chiede, infatti, che con la legge di bilancio sia evitato questo scenario.

Salvini spinge per la riforma pensioni

Come nel 2018, il tema caldo della Lega resta dunque quello delle pensioni. Allora fu quota 100, introdotta poi dal governo Conte, oggi è quota 41 che Salvini ritiene essere un buon compromesso fra i tagli paventati dal premier Draghi e il desiderio dei sindacati.

Quota 41, cioè la pensione per tutti dopo 41 anni di età, sarebbe quanto di più giusto si possa pretendere. Oggi il nostro sistema pensionistico prevede il pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi (12 mesi in meno per le donne), il che pare troppo stando alla vita media degli italiani.

41 anni di contributi sono quindi più che sufficienti per garantire ai lavoratori l’uscita anticipata rispetto a quanto previsto dalla Fornero. Si estenderebbe, in questo senso, quanto già previsto per i lavoratori precoci che, appunto, con 41 anni di contributi possono andare in pensione.

Mancano i soldi per le riforme

Tuttavia i buoni propositi di Salvini si scontrano con la nuda e cruda realtà del momento: non ci sono i fondi per fare quota 41. Secondo le stime Inps, quota 41 costerebbe 4,3 miliardi il primo anno e 9,2 miliardi alla fine del decennio.

Il premier Draghi ha ribadito che la riforma pensioni può essere fatta solo se finanziariamente sostenibile. Quindi niente più debiti, bisognerebbe andare a prendere i soldi da qualche altra parte per sostenere la spesa.

Non solo per la Corte dei Conti l’andamento della spesa previdenziale “potrà rappresentare un rilevante elemento critico per i conti pubblici” e quota 41 potrebbe costituire un problema di sostenibilità della spesa nel lungo periodo.

Di più, Bruxelles ha recentemente ammonito l’Italia sulla necessità di ridurre il debito pubblico, anche se il patto di stabilità è stato sospeso fino al 2024. E Draghi non è certo intenzionato a mettersi contro l’autorità della Ue per accontentare la Lega. Come andrà a finire?