Andare in pensione a 62 anni sembra un lusso, ma a ben guardare è anche una necessità. Molte persone rimaste senza lavoro e reddito dopo i sessant’anni rischiano di scivolare verso la soglia di povertà.

Andare in pensione a 62 anni, quindi, nel rispetto dei 20 ani di contribuzione minima non sarebbe sbagliato. Anzi sarebbe più che giusto, se si considera la durata della vita media degli italiani. Si campa di più rispetto al passato, ma si gode la pensione per meno tempo.

Sembra quasi di trovarsi davanti al famoso gioco “furbetto” tipico di certe scene in alcuni film italiani: carta vince carta perde, non c’è trucco non c’è inganno, signori fate il vostro gioco, dov’è l’asso?

Guardate qua, guadate qua, seguite la mano: 62 + 41=103 al posto di 102. Invece no, non sono scherzi né tentativi di furto e raggiri, anche se a rimetterci è quasi sempre l’aspirante pensionato di turno.

In pensione a 62 anni con Quota 103

L’idea di dare la possibilità di andare in pensione a 62 anni è allo studio da tempo. Lo scoglio, come noto, è sempre quello del rispetto dei vincoli di bilancio. Aprire le porte della pensione ai 62enni rappresenta uno scoglio insuperabile: costerebbe troppo.

Si è pensato quindi di concedere l’uscita a 62 anni ma con il solo ricalcolo contributivo della pensione, come avviene con il meccanismo previsto per Opzione Donna. Ma questo ha sempre trovato l’opposizione dei sindacati. Quindi non se ne parla più.

Si sta quindi lavorando introno a Quota 41, come insiste la Lega. In pratica si potrebbe concedere la pensione a 62 anni con vincolo di aver versato almeno 41 anni di contributi. Si arriverebbe in questo modo a centrare l’obiettivo di Quota 103 che sostituirebbe Quota 102, in scadenza a dicembre.

Tutto resta ancora da valutare per. Da un lato non si vorrebbe strozzare troppo la possibilità di uscita, come già successo con Quota 102.

Dall’altro bisogna tenere presente quali sono i costi e le risorse disponibili per una misura che sarebbe solo sperimentale.

Quota 103, la soluzione ideale?

Quota 103 potrebbe quindi diventare la soluzione ideale. Se fosse anche flessibile non sarebbe per niente sbagliata. Posto che il ricalcolo contributivo della pensione a 62 anni, come inizialmente congeniato, non è praticabile.

Secondo Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, la pensione dovrebbe durare circa 20-25 anni per costituire una rendita ottimale. Tralasciando gli errori del passato che vedono lo Stato pagare ancora baby pensioni da oltre 40 anni, oggi è opportuno fare doverose riflessioni.

Un welfare perché funzioni bene non deve né guadagnare né perdere con la previdenza. In questo momento, però, con il pensionamento tarato a 67 anni di età, lo Stato ci guadagna, mentre i lavoratori ci perdono. Non solo dal punto di vista economico.

Tenere al lavoro over 60 è controproducente nella maggior parte dei casi. Ne va della produttività e dello “sfruttamento” della forza lavoro a scapito dell’occupazione giovanile. Quello che serve, quindi, è introdurre un sistema di pensioni anticipate, anche con penalizzazione, per svecchiare la forza lavoro, soprattutto nella pubblica amministrazione.