Si continua a discutere di pensioni: dopo Opzione Uomo e si fa strada ora Quota 103, la riforma last minute che potrebbe far aumentare l’assegno di chi è disposto a spostare l’uscita dal lavoro. Si tratta di introdurre in questo modo un nuovo meccanismo di bonus/malus che riconosce incentivi a chi rimanda l’età pensionabile e piccole decurtazioni invece a chi l’anticipa.

Ma vediamo, nel dettaglio, cosa cambierebbe.

Quota 103: la nuova proposta per il pensionamento anticipato

L’eventuale approvazione di Quota 103, nonché la sua introduzione, ha come obiettivo il definitivo superamento dei vecchi meccanismi di pensione anticipata.

Quello che vuole evitare il governo di Meloni è infatti il ritorno alla Legge Fornero, garantendo comunque l’uscita anticipata ai lavoratori in possesso dei requisiti richiesti. Ma come?

Il nuovo anticipo pensionistico, fortemente voluto e appoggiato dalla Lega, e come spiegato in diverse occasioni da Matteo Salvini, riconoscerebbe la pensione ai contribuenti – uomini e donne – semplicemente al raggiungimento di due requisiti:

  • un’età anagrafica di almeno 63-61 anni;
  • un’anzianità contributiva di 40-42 anni.

In alternativa ci sarebbe la cd. Opzione Uomo, che invece prevede un meccanismo di uscita dal lavoro più flessibile. Al vaglio, nello specifico, c’è la proposta di pensionamento anticipato al raggiungimento di:

  • un’età compresa fra 61 e 66 anni;
  • un’anzianità contributiva minima di 35-41 anni di contributi.

La premier Meloni, invece, ha già confermato Ape Sociale e Opzione Donna così come sono, senza ulteriori modifiche. In quest’ultimo caso, alle lavoratrici, sarà riconosciuta la pensione anticipata qualora abbiano maturato, entro il 31 dicembre:

  • un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni;
  • un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni (per le lavoratrici dipendenti) e a 59 anni (per le lavoratrici autonome).

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione al netto dei periodi di malattia, disoccupazione e/o prestazioni equivalenti, ove richiesto dalla gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico.

La riforma che fa aumentare la pensione per chi aspetta

Trattandosi di riforme che andrebbero a gravare sul bilancio statale, non solo per l’approvazione in sé ma per il mantenimento (più persone potranno andare in pensione prima e, quindi, maggiore sarà la spesa pubblica destinata a questo), l’esecutivo starebbe valutando l’introduzione di un sistema per incentivare la prosecuzione dell’attività lavorativa.

Il principio su cui tutto si basa è molto semplice:

  • chi continua a lavorare, anche se in possesso dei requisiti per la pensione anticipata, potrà contare su tutta una serie di incentivi e agevolazioni (come sgravi contributivi e sconti fiscali) che vedranno l’importo retributivo aumentare;
  • chi decide per l’uscita anticipata, invece, subirà una piccola decurtazione dell’assegno (che pare non dovrebbe comunque essere superiore all’8% del totale).

Tutte queste possibilità, al momento, sono però destinate a rimanere ipotesi. Nulla di definitivo è stato approvato né tanto meno annunciato dalla stessa Meloni.

Nessuna modifica, come già anticipato, è stata però confermata per l’anticipo pensionistico tramite Ape sociale. L’indennità a carico dello Stato erogata dall’Inps, infatti, sarà riconosciuta:

  • entro dei limiti di spesa;
  • a soggetti in determinate condizioni previste dalla legge che abbiano compiuto almeno 63 anni di età;
  • a chi non è già titolare di pensione diretta in Italia o all’estero.

L’ape Sociale continuerà a essere corrisposta, a domanda, fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, ovvero fino al conseguimento della pensione anticipata o di un trattamento conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia. Decorre dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda di accesso al beneficio laddove a tale data sussistano tutti i requisiti e le condizioni previste dalla legge, previa cessazione dell’attività lavorativa.

Nel caso di soggetto con contribuzione versata o accreditata a qualsiasi titolo presso più gestioni, il calcolo della rata mensile di pensione è effettuato pro quota. In pratica, il calcolo avviene:

  • per ciascuna gestione in rapporto ai rispettivi periodi di iscrizione maturati;
  • secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento;
  • sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento.

L’indennità, in caso di iscrizione ad un’unica gestione è:

  • pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro);
  • pari a 1.500 euro (se la pensione è pari o maggiore di questo importo).

L’importo dell’indennità non è rivalutato, né integrato al trattamento minimo.