Le pensioni dei parlamentari sono le più alte d’Europa. Non solo gli stipendi che raggiungono cifre da record (17.000 euro al mese fra indennità, diarie e rimborsi), ma anche le pensioni che lo Stato gli riconosce sono alte.

L’assegno pensionistico di un parlamentare italiano, dopo soli 5 anni di legislatura, si aggira mediamente intorno ai 1.500 euro mensili lordi. Se poi le legislature diventano due o tre, la pensione si moltiplica di conseguenza. Una vergogna se si pensa che per ottenere lo stesso minimo importo un operaio deve sgobbare tutta la vita.

Certo, il paragone appare fuorviante, ma non proprio del tutto.

Parlamentari, pensioni troppo generose dopo 5 anni di mandato

Dal 2012, cioè da quando sono stati aboliti i vitalizi, le pensioni dei parlamentari sono calcolate come per la generalità dei lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione. Sono liquidate col sistema contributivo, ad eccezione di chi può far vantare periodi di mandato anteriori al 2012 per i quali è corrisposto ancora il vitalizio. Pertanto, visto così, nulla viene regalato dallo Stato poiché i contributi versati sono commisurati alle indennità percepite che viaggiano mediamente sui 10.400 euro al mese.

Il problema però sta proprio qui. Gli stipendi dei parlamentari che sono esagerati in relazione, non solo ai tempi che corrono, ma anche agli emolumenti riconosciuti ai colleghi europei. Non esiste in Europa un deputato o senatore che “guadagni” tanto come un rappresentante italiano, è un record assoluto, come lo è il nostro debito pubblico che ha sfondato la soglia dei 2.500 miliardi di euro.

Il taglio dei parlamentari è giusto

Se a ciò si aggiunge che lo Stato italiano deve pagare numericamente un numero di pensioni maggiori per i parlamentari rispetto ai colleghi europei, viene da sé che un taglio ai seggi oltre che agli stipendi è necessario e moralmente doveroso. Per rispetto di chi lavora e la pensione fatica a maturarla.

Il 20 e il 21 settembre cittadini chiamati a votare al referendum sul taglio dei parlamentari. Questo, naturalmente, ha smosso gli animi di una certa vecchia politica che è terrorizzata dal perdere posti in Parlamento e si sta inventando cose incredibili per convincervi a dire no e a mantenere tutto così com’è“. Lo ha affermato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

In questi giorni girano fake news e bugie. Io credo che uno dei doveri della politica è quello di informare correttamente le persone soprattuto quando sono chiamate ad esprimere un voto“, aggiunge Di Maio sottolineando che

qui la questione è semplice. Si tratta di compiere una scelta: se guardare avanti e cambiare le cose o continuare a lamentarci. Io la mia scelta l’ho fatta. Io voto Sì perchè sono stanco di correre dietro al futuro. È un’occasione storica, ora tocca a voi“.

Parlamentari italiani, in pensione a 65 anni

Ma un altro privilegio della casta dei parlamentari è l’età pensionabile. I parlamentari maturano in diritto ad andare in pensione al compimento di 65 anni di età. Il che rappresenta pure un limite perché se hanno ricoperto la funzione di senatore o deputato per più di una volta nella loro carriera, l’età si abbassa fino a 60 anni. Più precisamente, per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni. Il che li pone in una situazione decisamente privilegiata rispetto alla generalità dei lavoratori.

E’ necessario, però, che per andare in pensione a 65 anni siano ricoperti almeno cinque anni di mandato, ragion per cui dal 2012 in avanti le legislature durano per cinque anni e le elezioni anticipate sono diventate un ricordo del passato. Quando bastavano appunto pochi anni di rappresentanza per prendersi il vitalizio.

Ricapitolando, quindi, il diritto al trattamento pensionistico per i parlamentari si matura al conseguimento di un duplice requisito, anagrafico e contributivo.

L’ex parlamentare ha infatti diritto a ricevere la pensione a condizione di avere svolto il mandato per almeno 5 anni e di aver compiuto 65 anni di età.

 

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