Per i militari e le forze dell’ordine in servizio la pensione rischia di diventare sempre più magra col passare degli anni. Lentamente, infatti, sta per entrare a regime la liquidazione delle rendite col sistema contributivo.

Cioè quel meccanismo di calcolo della pensione introdotto con la riforma Dini (1995) che prevede sostanzialmente l’applicazione dei coefficienti di trasformazione ai contributi versati. Ne consegue una pensione più bassa rispetto a chi ha iniziato a prestare servizio prima del 1996. Problema che già si può notare per chi va in pensione oggi col sistema misto in via di esaurimento.

Pensioni militari

Ma la penalizzazione non finisce qui. Come noto, militari e poliziotti vanno in pensione, nella maggior parte dei casi, al raggiungimento dell’età ordinamentale prevista per la pensione di vecchiaia (a partire da 60 anni). La rendita, liquidata col sistema contributivo puro, per i nuovi assunti, prevede una pensione articolata in funzione dei requisiti anagrafici. In sostanza più bassa è l’età, minore sarà la pensione.

Non potendo però scegliere quando ritirarsi dal servizio, militari e poliziotti sono costretti ad accettare una pensione striminzita non potendo raggiungere coefficienti di trasformazione più favorevoli. A compensare la perdita rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici è intervenuto finora il fondo di perequazione, a carico dello Stato, ma con risorse limitate.

Ecco quindi farsi strada su iniziativa del senatore Gasparri, anche su pressione dei sindacati dei Carabinieri, la possibilità di una modifica del calcolo pensionistico. Del resto non è ipotizzabile, come ventilato in passato dai precedenti governi, innalzare l’età pensionabile del personale militare. Anche se la speranza di vita è aumentata rispetto a 10 anni fa.

La riforma Gasparri

Ma cosa prevede la riforma presentata da Roberto Gasparri? Il Ddl intitolato “norme di perequazione previdenziale per il personale dei comparti Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico ” prevede nella sostanza 3 articoli.

In sintesi si tratta di una specifica modalità di computo della pensione annua per poliziotti e militari, che cessano dal servizio per il raggiungimento del limite di età ordinamentale.

L’importo della pensione dovrebbe essere determinato, nella parte contributiva, utilizzando il coefficiente di trasformazione previsto per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento dei dipendenti pubblici civili.

Se la riforma dovesse essere approvata, militari, poliziotti e Vigili del Fuoco andrebbero in pensione al raggiungimento della massima età con un ricalcolo migliorativo a causa della tipologia di lavoro svolto. In altre parole, si dovrebbe tenere conto della specificità – riconosciuta dalla legge 4 novembre 2010, n. 183 – che riconosca il mestiere come lavoro usurante. Nel dettaglio l’articolo 2 indica:

il coefficiente di trasformazione da applicare al personale della presente legge è da ritenersi automaticamente adeguato a quello in vigore per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento di vecchiaia del dipendente pubblico civile”.

Unico scoglio da superare, come sempre, sono le risorse economiche che, al momento, non ci sono. La copertura finanziaria richiesta sarebbe la seguente:

  •  62,34 milioni di euro per il 2023;
  •  93,51 milioni di euro per il 2024;
  •  124,68 milioni di euro per il 2025;
  •  155,86 milioni di euro per il 2026;
  •  187,02 milioni di euro per il 2027;
  •  218,19 milioni di euro per il 2028;
  •  249,36 milioni di euro per il 2029;
  •  280,53 milioni di euro per il 2030;
  •  311,70 milioni di euro dal 2031.